Nel decreto Sblocca-Italia sono attese una serie di forzature legislative. Tra le più gravi, meno lungimiranti e più speculative è prevista la ricerca di idrocarburi intorno alla costa. Con un colpo di mano, si cerca di spazzare via anni di tutele ambientali e paesaggistiche.
Il governo, infatti, ha scelto con una mano di eliminare ogni incentivo per le energie rinnovabili, mentre con l'altra ha dato il via libera alla ricerca degli idrocarburi sia su terraferma sia in mare. Omettendo di dire che la ricerca di giacimenti è di per sé inquinante. È ovvio che l'estrazione di petrolio non sia un'attività particolarmente ecologica: la sua ricerca è fatta da trivellamenti ed esplosioni. Una ricerca petrolifera è una vera propria devastazione ambientale, spacciata come un piccolo effetto collaterale. Non è una novità che si ricorra a queste tecniche di disinformazione. Del resto, siamo abituati alle mezze verità: altro non sono che vere e proprie bugie, alle quali ricorre il primo ministro Renzi. Questo governo, effettivamente, non ha mai brillato per trasparenza e correttezza.
La logica che muove l'azione di governo è la semplice speculazione, fatta sulla pelle delle persone che in quelle zone ci vivono. Persone che, in perfetto stile degli ultimi governi, non sono state nemmeno ascoltate. Tanto meno sono state prese in considerazione le regioni coinvolte.
Per capire questa dinamica governativa bisogna dire che la fede di Renzi nel mercato è totale. Lo ha detto chiaramente sulla crisi bancaria: per quanto possono arrivare fallimenti a catena, ci sarà sempre il mercato che vedrà e provvederà, ma dietro a questa parola neutrale, "il mercato", si nasconde ogni tipo di sopruso possibile ed immaginabile.
Questa volta, però, siamo andati ben oltre ed abbiamo raggiunto le vette inesplorate della più elementare mancanza di buon senso.
Solo la follia o la malafede interessata possono portare a pensare di distruggere dei veri e propri paradisi naturali per quattro denari. È il caso delle isole Tremiti, che erano comprese nel piano delle ricerche del petrolio, tanto per fare un esempio concreto.
Il mare adriatico è già inquinato; soffre di profondi squilibri per sovra sfruttamento. Come sanno i pescatori, è sempre più difficile riempire le reti. Vorrà pur dire qualcosa questo? La realtà è che abbiamo portato il mar mediterraneo vicino alle coste italiane ad un livello di degrado che non è immaginabile. È ovvio che distruggere quel poco che resta di bellezza naturale non è solo incosciente: è follia allo stato puro. Significa vendere a prezzi di saldo il futuro dell'ambiente, il futuro della qualità della vita. Significa attaccare frontalmente la vita di chi abita nelle zone costiere interessate.
Forse, per una volta, il finale è stato molto diverso da quello che si era immaginato: il crollo del prezzo del petrolio ha già reso inutile questa folle corsa verso il saccheggio. Alcune compagnie petrolifere hanno già ritirato i progetti: così il mercato ha abbandonato il governo. Della serie: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.
La questione dello sfruttamento di giacimenti di idrocarburi in Italia rimane aperto: adesso si profila un referendum per dieci Regioni, che è già stato parzialmente affossato dal governo, visto che quest'ultimo ha scelto la data del 17 aprile, troppo vicina per qualunque campagna di informazione. La scelta di scorporare le elezioni amministrative di giugno dal referendum mostra chiaramente il nervosismo e la paura della compagine di Renzi. Paura della democrazia, paura che la gente decida? La risposta ad entrambe le domanda sembra essere proprio: sì!
Reagiamo, con un altro tipo di sì. Nelle dieci regioni in cui si vota, andiamo a votare per il SÌ. Un SÌ per abrogare l'articolo di legge che permette lo sfruttamento dei giacimenti entro 12 miglia marine (22,2 Km) dalla costa. I tempi sono stretti, ma si profila un'altra battaglia fondamentale per il futuro di tutti.