Da ora in poi sarà difficile per Mario Monti continuare a spacciarsi per un semplice tecnico prestato alla politica. Le sue dimissioni dalla carica di capo del governo sono avvenute con un tempismo perfetto, da politico più che navigato che sa quando e come ritirarsi al fine di non perdere la propria forza, ma rinvigorendo al contrario il consenso intorno alla sua figura e al suo operato. Un consenso che oltrepassa i confini nazionali, visto che i vertici dell’unione europea hanno esplicitamente dichiarato di essere molto favorevoli ad un suo secondo mandato come premier.

Questo è indubbiamente un evidente segno dei tempi attuali e delle torbide acque in cui sta navigando la politica a livello istituzionale. Cosa ha fatto Monti per meritarsi questo consenso?
Il suo governo non si è inventato nulla. È stato solo un esecutore più efficace, rispetto ai governi che lo hanno preceduto negli ultimi vent’anni, dei dogmi del neoliberismo. Se questo è stato il suo merito, ecco la misura di quanto sia sceso in basso il livello dell’azione della politica istituzionale: una sterile esecuzione di un credo economico-politico, quale quello neoliberista, compatibile, ovviamente, solo con gli interessi di chi detiene la stragrande maggioranza delle ricchezze.

E così, mentre c’è chi in Italia e in Europa si spella le mani per applaudire Monti e l’operato del suo governo, sul campo rimangono le rovine della violenza sorda e indifferente di questo operato: servizi pubblici senza più risorse, giovani senza più futuro, precari senza più un contratto, senza contare tutti coloro che non hanno più un lavoro e tutti i pensionati che ogni giorno vivono la tentazione di rubare qualcosa dai banchi dei supermercati.
Non c’è bisogno di essere degli studiosi di economia per capire il fallimento di Monti e di chi lo ha sostenuto. Basta guardarsi intorno per capire che l’unica via di uscita è un’azione precisa e puntuale, sia a livello locale che internazionale, di smontaggio, pezzo per pezzo, di questo fondamentalismo neoliberista che, come tutti i fondamentalismi, ha completamente perso il contatto con la realtà e produce soltanto soluzioni deliranti e distruttive.  
Questa dovrebbe essere la direzione, il senso di marcia di chi oggi si definisce progressista, sostituendo con un progetto che sia diametralmente opposto a quello delineato da quella “agenda Monti” che, oggi come oggi, sarebbe portata avanti anche senza Monti al governo, anche da un qualsiasi governo retto dalle attuali forze di centrosinistra, che tutto hanno dimostrato in questi anni, tranne che essere realmente progressiste.

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