Negli ultimi giorni abbiamo assistito al plateale tradimento delle promesse e degli impegni presi con i milioni di italiani che hanno votato la "sinistra" anche per farla finita con la sporca guerra, come diceva un manifesto elettorale. Sui pochi (purtroppo) deputati e senatori che hanno osato anteporre la coerenza con le proprie scelte alla logica di fedeltà al governo sono piovuti insulti, minacce e ricatti di ogni tipo, con toni che andavano da un cupo richiamo all'ordine di sapore stalinista al compatimento sprezzante per le "anime belle" o i "gruppetti anacronistici".
In realtà, la cosiddetta "sinistra radicale" avrebbe la forza e i numeri per imporre al resto della maggioranza scelte opposte a quelle ipocrite e guerrafondaie culminate nel sì al rifinanziamento della missione in Afghanistan (dopo aver votato no per otto volte sullo stesso argomento… ma quando era all'opposizione). Non averlo nemmeno tentato comporta una responsabilità enorme e una indegna falsificazione dei reali rapporti di forze.
La realtà è che non si vuole mettere in discussione non solo la missione in Afghanistan, ma anche e soprattutto l'asservimento agli Stati Uniti, alla Nato e alla loro politica criminale. Non si vogliono affrontare questioni di enorme importanza come il disarmo e la necessità di una politica estera basata sul ripudio della guerra come mezzo per risolvere i conflitti internazionali e sul riconoscimento della pace come diritto fondamentale di popoli e individui.
Il caso italiano dimostra ancora una volta che non saranno i governi da soli a imboccare questa strada. Tocca ai popoli, ai milioni di persone che in questi anni hanno manifestato contro la guerra e ogni tipo di violenza imporre una svolta a coloro che pretendono di decidere il destino di tutti.