Dopo il sì al rifinanziamento della missione in Afghanistan, l'esito della conferenza di Roma sul Libano rappresenta una nuova prova di viltà e ipocrisia e l'ennesima occasione perduta per varare una politica internazionale in grado di rompere con le logiche di guerra finora seguite.

L'Italia non è stata l'unica a chinare la testa davanti ai diktat degli Stati Uniti, sempre pronti a difendere il loro fedele alleato Israele. A rimangiarsi l'impegno per un cessate il fuoco immediato sono stati infatti anche l'ONU e praticamente tutti i paesi partecipanti alla conferenza. La Gran Bretagna di Blair come al solito si è accodata al potente padrone statunitense, salvo poi chiedere insieme a Bush una tregua tardiva.


L'ONU e la comunità internazionale non hanno neanche avuto il coraggio di condannare con fermezza il massacro dei 4 caschi blu uccisi a Khiam da un missile israeliano, limitandosi a una dichiarazione timida e fiacca. Israele ha ringraziato per il via libera e proseguito gli spaventosi bombardamenti sul Libano e su Gaza, impiegando contro i civili armi chimiche proibite, devastanti cluster bombs e ordigni sconosciuti, che provocano ferite spaventose.

La richiesta di un cessate il fuoco immediato è più urgente che mai, ma ad essa vanno aggiunti il blocco della cooperazione militare tra Italia e Israele e un'indagine internazionale sull'uso delle armi israeliane, come chiesto da Alex Zanotelli. La forza internazionale da mandare in Medio Oriente, infine, deve essere una missione ONU e comprendere, oltre al Libano, anche Gaza e la Cisgiordania, escludendo nel modo più assoluto l'invio di truppe della Nato.

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