"Sei la mia principessa". Così concludeva l'ultimo sms, mandato alla giovane moglie, il caporal maggiore Giorgio Langella, qualche ora prima di morire su un percorso, sin troppo noto, a circa 15 chilometri da Kabul. Un altro essere umano è dovuto soccombere. Un altro progetto di vita si è dovuto infrangere contro il muro di una politica che ha perso qualsiasi senso, che non rappresenta più nessuno, che mente dalla mattina alla sera pur di continuare, sorda e cieca, la sua folle corsa verso un baratro in cui rischia di trascinare tutto e tutti.
Una politica che è riuscita a mantenere solo l'uso della parola, con la quale racconta falsità e bugie senza neanche un briciolo di vergogna, con la tipica faccia tosta di chi è convinto di avere dalla sua parte la ragione del più forte. Siamo arrivati a questo, ormai: si sta riaffermando, stavolta a livello mondiale, la peggiore delle leggi, la legge del più forte.
Il governo italiano, tutto il governo italiano e la maggioranza che lo sostiene, è responsabile di questa ennesima morte insensata. Il compromesso che ha permesso, a luglio scorso, di far passare il rifinanziamento della missione in Afghanistan è già carta straccia: l'osservatorio parlamentare sulle missioni italiane all'estero non è mai stato istituito. Come si sentono ora tutti coloro che, con la speranza di dare un calcio alla politica guerrafondaia di Berlusconi & Co, hanno votato ad aprile per la coalizione di Prodi?
Qual è la differenza tra le stucchevoli dichiarazioni del governo precedente e quelle dell'attuale presidente della Repubblica che giudica la missione "indispensabile" e che purtroppo "può comportare a volte anche il sacrificio umano"? Per non parlare di altre illustri menti, come la senatrice Finocchiaro, che dichiara che "la missione italiana è condotta in spirito di pace", o come il sottosegretario diessino alla difesa Forcieri, secondo il quale l'attentato in cui è rimasto ucciso il caporale Langella "rafforza le ragioni della nostra presenza" in Afghanistan.
Dal nostro punto di vista, la violenza che trasuda da tutte queste parole è di un'evidenza sconcertante. Dal nostro punto di vista, da una parte ci sono i veri terroristi, cioè i governi e i signori della guerra, dall'altra ci sono le vittime, cioè i soldati mandati a morire in nome della pax americana, i giovani mandati a morire imbottiti di tritolo in nome della Jihad e le migliaia di civili innocenti.
Questi signori si permettono di mandare in nome della pace migliaia di giovani, armati di tutto punto, in situazioni altamente pericolose dove chiunque volesse realmente operare per la pace non si presenterebbe neanche con un temperino. Questi stessi signori si permettono anche di inviare le condoglianze alle famiglie che hanno visto partire un figlio, un marito, un fratello e si vedono tornare solo una squallida medaglia al valore.
Sempre i medesimi signori si permettono di dichiarare che ora la situazione in questi luoghi è diventata tale da non poter essere abbandonata. Ma chi ha fatto degenerare a tal punto queste situazioni? Dopo cinque anni di occupazione, oggi in Afghanistan i signori della guerra continuano a fare quello che vogliono e a commerciare eroina con tutta tranquillità, la maggior parte dei finanziamenti vanno ad alimentare la corruzione, le donne continuano a morire se non portano il burqua.
Questi signori si sono permessi un po' troppe cose, ormai. Sembra giunto il momento di porre loro qualche divieto. Un divieto che può provenire solo da una forte opposizione nonviolenta e popolare. Gli obiettivi principali di una tale mobilitazione generale ormai sono chiari: ritiro di tutte le truppe italiane dai luoghi di guerra e disarmo globale.