Nell'ultimo scorcio del XX secolo lo sviluppo economico si è fortemente basato sul petrolio a basso costo del Medioriente. Un petrolio controllato, direttamente o indirettamente, dalle potenze imperiali. Ma l'era del petrolio sta tramontando e il picco di massima estrazione è vicino. La minor produzione colpirà prima di tutto le nazioni in via di sviluppo. Un certo numero di paesi europei dipende dal nucleare per l'elettricità; Parigi e Washington investono in fabbriche per l'arricchimento di uranio. Stati uniti, Regno unito, Corea del Sud e Cina hanno annunciato ambiziosi piani di espansione delle loro capacità nucleari.
Quindi l'Iran e altri paesi in via di sviluppo hanno la necessità di diversificare le risorse, malgrado le grandi riserve di gas e petrolio. Con la loro pressione sul tema del nucleare, in pratica, i paesi occidentali pretendono che l'Iran e altri paesi abbandonino la propria capacità nazionale di produzione di energia nucleare e dipendano da loro per l'approvvigionamento energetico.
Così, la non proliferazione viene usata ancora una volta come una scusa. Mentre nel 1968 il TNP aveva come obiettivo principale il mantenimento – da parte delle due superpotenze sovietica e americana - del controllo sui paesi dei rispettivi campi di influenza. Ora Stati uniti e Unione Europea cercano anche di imporre il furto del secolo: creare un'ampia classe di paesi privati di quella energia nucleare di cui vogliono, a tutti i costi, restarne gli unici depositari.
Questo spiega il motivo per cui la proposta fatta da Ahmadinejad all'Onu è stata del tutto ignorata: egli ha proposto che le operazioni di arricchimento siano realizzate in joint-ventures con società straniere, private o pubbliche, per garantire che il programma resti "trasparente" e che l'uranio arricchito non possa essere utilizzato a fini militari. Invece di discutere la proposta, Usa ed Unione Europea si ostinano a voler rivedere il trattato, imponendo una nuova interpretazione dell'articolo 4, al fine di mettere in discussione il diritto dei paesi in via di sviluppo di controllare la propria industria nucleare, e soprattutto il diritto a potenziare una filiera per l'uranio arricchito.