Gli Stati Uniti parlano sempre più spesso, ed in modo sempre più disinvolto, di produrre nuovi ordigni nucleari, spinti, ovviamente, dalle incalzanti motivazioni dei costruttori di armi. Esemplare a tal proposito è la Nuclear Posture Review (revisione della strategia nucleare), impostata a gennaio del 2002. Tale documento prevede:
  • che le armi nucleari non costituiscono più una categoria separata dell'arsenale americano, essendo integrate nell'insieme delle armi offensive;
  • che il presidente, di conseguenza, può utilizzarle come preferisce, allo stesso titolo di qualsiasi altra arma, a seconda della natura della missione da compiere;
  • che ci sia il reclutamento di una nuova generazione di specialisti nel settore delle armi per rimpiazzare quella che andrà in pensione;
  • che vengano sostituiti i missili intercontinentali nel 2020, i sottomarini nel 2030 e i bombardieri nel 2040.

Non è difficile immaginare dove porta questa strategia. Il problema è che, visto il numero delle testate nucleari oggi presenti nel mondo, l'assurdità della strategia di un paese rischia di coinvolgere il futuro di tutti. Con la Nuclear Posture Review, gli Stati Uniti dimostrano, ancora una volta, di non aver capito. Ma ciò che è più preoccupante è che il governo americano, come i governi delle altre potenze nucleari, è convinto, invece, di aver capito tutto e non è quindi disponibile ad ascoltare chi, tra gli stessi americani, ha un punto di vista diverso sull'argomento.

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