L'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica) ha dovuto sempre lavorare in condizioni abbastanza difficili per verificare il rispetto degli obblighi sanciti dal TNP. Ma anche di questo sono responsabili proprio gli stati che all'epoca erano i più avanzati nel settore nucleare. Gli ispettori dell'Aiea, infatti, devono sottostare a diverse regole sancite nel 1971. Prima di tutto possono recarsi solo in quei paesi, già membri del trattato, che abbiano firmato con l'agenzia, e ratificato, un accordo particolare che precisa diritti e doveri. Per tale motivo, per esempio, sono potuti andare in Corea del Nord solo nel 1992, nonostante si sapesse già dal 1990 dell'esistenza di un reattore e di un impianto di ritrattamento dove è stato prodotto il plutonio. Poi l'accesso agli impianti è limitato da varie disposizioni amministrative: per esempio, gli ispettori devono prima sollecitare un visto, il cui rilascio può richiedere tempi più o meno lunghi, e poi, solo in seguito, sono autorizzati ad ispezionare uno stabilimento; inoltre possono farlo solo per un tempo minuziosamente calcolato, secondo la natura delle attività e la quantità di uranio o di plutonio presenti. Inoltre gli ispettori hanno accesso solo agli impianti dichiarati dallo stato e il loro compito consiste nell'assicurarsi che tutti i materiali fissili entrati fossero stati utilizzati per scopi pacifici. Non devono verificare l'esistenza nel paese di installazioni non dichiarate.
È evidente che quando gli stati più avanzati nel settore nucleare avevano definito queste regole, la loro preoccupazione principale era quella di limitare al massimo gli obblighi e di ridurre al minimo indispensabile tutti i controlli, che avrebbero dato molto fastidio ad essi stessi e agli industriali. In altre parole, non era la preoccupazione per la pace mondiale ad interessare gli stati più potenti dell'epoca, ma ancora una volta gli interessi propri e quelli dei fabbricanti d'armi, dei quali già allora, evidentemente, i governi dovevano tener conto.
Questa contraddizione di fondo sarebbe, prima o poi, venuta a galla. Infatti, dopo la guerra del Golfo del 1990-91, vengono scoperte in Iraq alcune installazioni che avrebbero permesso, in un futuro non lontano, di costruire un arsenale nucleare. Ciò costituisce la prova che in un paese dittatoriale, come quello di Saddam Hussein, dove l'informazione non circola liberamente e dove la decisione di dotarsi di un arsenale può rimanere nascosta, attività nucleari clandestine sono tranquillamente possibili. Gli iracheni avevano utilizzato il processo di arricchimento dell'uranio tramite centrifugazione, una tecnica adottata in Europa a metà degli anni '70, che consente impianti di dimensioni ridotte, facilmente occultabili in edifici dall'apparenza banale, che consumano meno energia e che i servizi d'informazione hanno poche possibilità di scoprire, a meno che non dispongano di informatori sul posto.
Ma la lezione non basta. Nonostante l'Aiea avesse adottato, nel 1997, un protocollo supplementare che dota gli ispettori di poteri investigativi più estesi, la condizione è che anche per applicare questo nuovo protocollo c'è bisogno della ratifica e della firma dei singoli stati. L'Iran, per esempio, lo ha firmato ma non ratificato; per di più l'attuale parlamento iraniano non è certamente disposto ad approvarlo. È vero che, nel 2004, gli ispettori hanno stabilito che in passato Corea del Sud e Taiwan avevano fatto ricerche clandestine su tecniche di arricchimento dell'uranio e di separazione del plutonio, ma questa costituisce un'eccezione che conferma la regola: a queste condizioni è poco probabile che gli ispettori scoprano, esclusivamente coi loro strumenti, il luogo in cui è stato costruito un impianto clandestino.
D'altra parte nessuno dei cinque stati ai quali è permesso di essere dotati di armi nucleari è obbligato a firmare il protocollo supplementare: peraltro se gli ispettori arrivassero alla conclusione che negli Stati Uniti o in Europa, come in Francia per esempio, esistono, magari in luoghi perfettamente conosciuti, impianti nucleari militari, non direbbero nulla di nuovo.
Non esiste alcun trattato che impedisce a questi cinque stati di costruire nuovi tipi di armi. Qualcuno potrebbe obiettare che tale divieto sarebbe contrario ad uno specifico articolo, il numero 6, del TNP. Ma ciò non impedisce di affermare che il continuare a produrre nuovi tipi di armi è del tutto contrario alla lettera del trattato, che stabilisce legami incancellabili tra il disarmo nucleare e il disarmo generale e completo. Lo stesso articolo 6, infatti, afferma che ogni stato si impegna "a portare avanti con onestà negoziati che permettano in tempi brevi di far cessare la corsa agli armamenti nucleari e poi di ottenere il disarmo nucleare, e inoltre su un trattato di disarmo generale e completo sotto un controllo internazionale ferreo e efficiente". Sta di fatto che i cinque stati che, secondo il trattato, possono essere dotati di armi nucleari, sono i maggiori esportatori di armi convenzionali, venendo meno a ciò che, ipocritamente, è stato dichiarato nel trattato.