Dal Manifesto del 13 maggio 2007, intervista a Jan Tamas, uno dei leader della protesta ceca contro il radar antimissile Usa: "L'obiettivo è una grande manifestazione a Praga per la fine di maggio"

Abbiamo incontrato Jan Tamas, portavoce del coordinamento Ne základnám (No alle basi) e presidente del Partito Umanista Ceco. Jan Tamas è uno dei leader del movimento che da due mesi in tutta la Repubblica Ceca dice no al sistema radar antimissile che gli Stati uniti vogliono installare in una base militare a 60 km da Praga e in Polonia.

Dopo le prime manifestazioni, come prosegue la protesta?
Il coordinamento Ne základnám (No alle basi) che si batte contro l'installazione del sistema antimissile statunitense nella Repubblica ceca in un primo momento si è sviluppato soprattutto a Praga. Ora stiamo cercando di diffonderlo in tutto il paese e stanno nascendo gruppi nelle principali città. Questo passo è necessario per poter dare alla protesta maggiore forza e presenza. L'obiettivo è fare una grande manifestazione nella capitale per la fine di maggio. Ora dobbiamo fare i conti con l'atteggiamento dei mass-media: vogliono relegare il nostro coordinamento (a cui partecipano circa 50 organizzazioni) ad un fenomeno «di strada», composto di giovani e anziani che gridano nelle manifestazioni, mentre le discussioni «serie», quelle dei cosiddetti «esperti», sono nelle mani dei soliti politici. Per esempio il 22 febbraio abbiamo organizzato una conferenza con la presenza di personaggi autorevoli di diversi paesi europei nel campo degli armamenti e della politica internazionale. Dal dibattito è partita una dichiarazione «Per un'Europa della pace, libera da armi nucleari». A parte un quotidiano di sinistra, i media non hanno dato alcuna informazione della conferenza. Tenete conto che la nostra iniziativa popolare è la più grande dopo la rivoluzione di velluto del 1989 e che circa il 70% dei cechi non è d'accordo con l'installazione delle basi. Nonostante questo vorrebbero metterci da parte. Se ho capito bene, qualcosa di simile è accaduto in Italia con la protesta No Tav, che i media hanno cercato di mostrare come un movimento fatto soprattutto da contadini pieni di pregiudizi verso il progresso.

Qual è l'atteggiamento dei partiti?
L'Ods, il partito di destra che è al governo, è completamente d'accordo con l'installazione del radar nella Repubblica ceca: a sentire la loro professione di fede sembrerebbe che gli americani, nella loro bontà infinita, vogliano proteggere l'Europa contro un nemico che non è chiaro se è il mondo islamico fondamentalista o i soliti russi. Anche i Verdi, grazie ai quali si regge il governo, sono favorevoli, ma poiché hanno tutta la base del partito ed anche gli elettori contro, inventano formule complicate per non chiarire la loro posizione. I comunisti si sono schierati contro fin dall'inizio, con una posizione chiara, ma che non trova un'espressione sociale forte e organica. E' anche vero che qui è molto forte la discriminazione verso di loro - cosa d'altra parte comprensibile - per cui devono stare molto attenti a come si muovono. I socialdemocratici (Cssd, il secondo partito alle ultime elezioni) negli ultimi mesi stanno definendo una posizione contro le basi e a favore del referendum. Molti però sono scettici su questa posizione, sia perché le trattative con gli americani sono cominciate proprio quando loro erano al governo, sia perché, prima dell'ingresso nella NATO, avevano promesso un referendum che poi non c'è stato.

Che prospettive vedete per questa battaglia?
Siamo ottimisti per come la gente risponde e per l'entusiasmo che ci circonda, ma anche molto preoccupati per la politica internazionale sempre più aggressiva degli Stati Uniti. Per loro non è difficile ricattare i governi della vecchia area comunista, sensibili ad un ipotetico pericolo russo e per questo filo-americani. Ci aspettiamo quindi una forte propaganda che tirerà fuori lo spauracchio della Russia cattiva e una forte discriminazione verso ogni idea contraria che verrà genericamente accusata di comunismo. In generale siamo molto preoccupati per gli ultimi sviluppi internazionali: proprio in questi giorni ci arrivano le notizie che oltre l'allargamento della base in Italia, a Vicenza, gli Stati Uniti hanno intenzione di installare basi in Inghilterra, in Danimarca e in Ucraina. L'Europa cosi frammentata non riesce ad elaborare una politica comune che vada veramente verso la distensione internazionale dei conflitti. Se la direzione degli avvenimenti rimane quella attuale dobbiamo aspettarci un grande disastro, ma di questo nessuno vuole parlare. La nostra protesta non deve limitarsi al territorio ceco, ma deve diventare europea. Solo un'Europa forte, unita e per la pace può evitare la catastrofe nucleare futura.

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