La bozza della prossima legge finanziaria contiene varie oscenità, ma probabilmente quella che più farebbe male al popolo italiano e la proposta di tagli alla sanità. Sono previsti 2,5 miliardi di tagli per questo settore fondamentale e siccome la sanità ha ricevuto numerose batoste negli ultimi anni (anche dal governo precedente di centro-sinistra) la cosa ci preoccupa molto. Senza contare il fatto che a questi 2,5 miliardi si devono sommare altri 2 miliardi di euro di riduzione dell'Irap, imposta che appunto è destinata a finanziare la sanità.
Il quadro si fa davvero scoraggiante se a questi tagli diretti al sistema sanitario nazionale, si aggiungono i tagli ai finanziamenti agli enti locali, i quali si troveranno nella scomodissima posizione di scegliere tra il far pagare una parte delle prestazione sanitarie ai cittadini o l'offrire loro una sanità pubblica più scadente.
Anche se queste cifre cambieranno nel corso dell'iter parlamentare, la sostanza non cambia: l'attacco allo stato sociale è più che evidente. I cittadini che devono curarsi contano sempre meno di fronte alle esigenze della cassa. La salute di un bambino o di una persona anziana ormai è passata in secondo piano, rispetto alle grandi chiacchierate inutili della politica di palazzo su quale sistema elettorale dovrà essere usato per le prossime elezioni.
A meno che quella persona anziana non sia deceduta in una corsia di ospedale perché non c'erano infermieri a sufficienza o quel bambino non si sia beccato un'infezione in pronto soccorso perché mancavano i guanti sterili. Allora l'evento diventa una notizia da riportare in prima pagina e l'ennesima occasione per gettare fango sulla sanità pubblica. Ecco che allora ci si scaglia contro il personale sanitario o contro l'ospedale vecchio e decrepito, oscurando ancora una volta le reali ragioni che stanno alla base di questi eventi. Eppure le ragioni sono lì, ogni anno, quando viene promulgata una legge finanziaria che ha tagliato per l'ennesima volta un pezzo dello stato sociale. E così è anche per questo anno.
Eppure basterebbe un po' di sensibilità umanista e un po' di onestà per capire qual è la cosa più giusta da fare per far fronte alla grande spesa che uno stato che si rispetti deve programmare per la salute dei suoi cittadini. Un po' di sensibilità umanista per capire che la salute, come l'istruzione, è fondamentale per un popolo; per capire che la sanità non è un affare economico, ma un servizio al cittadino, e che quindi non si possono fare i conti sulla pelle della gente. Un po' di onestà per ammettere che "il pesce puzza dalla testa". L'attuale ministro della sanità, per esempio, ha lasciato alla regione Lazio, quando era governatore, un deficit per la sanità di ben 425 milioni di euro, accumulati anche perché sono state fatte spese assurde come parcelle pagate per consulenze legali di 750 milioni di euro. E così, mentre la gente moriva perché non c'erano autoambulanze a sufficienza, l'allora governatore del Lazio, e attuale ministro della sanità, spendeva 750 milioni di euro per pagare quattro avvocati.
Ma alla politica di palazzo tutto questo non interessa affatto. Invece di mettere finalmente in atto una lotta seria agli sprechi e ai clientelismi, il governo si prepara a varare l'ennesimo taglio che ridurrà ulteriormente la disponibilità di autoambulanze, di personale sanitario, di strutture, affidando sempre di più la sanità ai soliti privati, per i quali la salute dei cittadini, di fronte al proprio bilancio, conta meno che zero.
Ma non basta. Anche eliminando completamente gli sprechi, la salute e l'istruzione di un popolo hanno bisogno di più soldi. Il bilancio di uno stato deve fare i conti con questa priorità. Le voci sanità e istruzione devono essere le prime. Dopo viene tutto il resto.
D'altronde questa proposta, per noi ragionevole, potrebbe addirittura sconvolgere l'intero assetto delle spese dello stato, fino al punto da ridurre le spese per la difesa e gli armamenti. Gli umanisti lo sanno e proprio per questo insistono. E se prevedere più soldi per la sanità e per l'istruzione non permettesse più all'Italia di mandare soldati in guerre mascherate da missioni di pace? Fantastico!