Secondo il piano triennale 2006-2008 del Ministero delle attività produttive, il Gestore della rete di trasmissione nazionale sarà privatizzato. Ponendosi come obiettivi la riduzione dei costi e la sicurezza della fornitura nel settore dell’energia elettrica, il governo prevede proprio ciò che non assicurerà il raggiungimento di questi obiettivi, cioè di affidare un servizio pubblico alla competizione e al libero mercato.

Dopo il famoso black out dell’estate 2003, tutto si sarebbe potuto pensare tranne che affidare la rete di fornitura elettrica alle speculazioni dei mercati finanziari. Il black out che colpì la California nell’estate del 2000 dimostra quanto sia errata la privatizzazione della fornitura elettrica. Tra i fattori principali che determinarono quel black out che paralizzò la California, c’erano le operazioni speculative attuate da alcuni broker specializzati nella compravendita di energia elettrica e soprattutto le distorsioni della deregulation.

Nel corso di quell'anno la California attraversò ben 30 volte lo "stadio 2" (ossia una situazione di emergenza in cui oltre il 95% della capacità produttiva di elettricità è in uso), contro il record precedente di quattro allarmi in un anno. A dicembre si arrivò allo "stadio 3" (98,5%). "La nostra deregulation non ha abbassato i prezzi e non ha aumentato la disponibilità di energia -  dichiarava il governatore della California Gray Davis nel 2001 -. Al contrario: abbiamo prezzi alle stelle, speculazione, incertezza nell'approvvigionamento di elettricità".

No, non è questa la strada giusta. Oltre che mantenere la fornitura dell’energia elettrica pienamente nelle mani del pubblico, è assolutamente necessario, inoltre, investire nelle fonti energetiche rinnovabili, e questo per diverse ragioni.

Prima di tutto perché delle guerre che si fanno per il petrolio non se ne può più.

Poi perché usare l’energia solare, idroelettrica, delle biomasse, del vento, ecc. fa bene alla salute. Infine perché usare energia alternativa produce posti di lavoro, come dimostra la Germania in cui il 14% dell’energia viene da fonti rinnovabili e l’industria che se ne occupa ha creato posti di lavoro per circa 100mila persone.

Ma non basta non privatizzare. Bisognerebbe prendere la strada diametralmente opposta. Ossia “democratizzare” il settore, incentivando la produzione diffusa, attraverso una tecnologia leggera e una gestione municipale. Ciò si tradurrebbe, non solo in una maggiore capacità di sfruttare le opportunità che ogni territorio offre, ma in una produzione più rispondente ai bisogni locali e maggiormente sotto il controllo dei cittadini. Occorre quindi contrastare questo progetto del governo. La privatizzazione del GRTN produrrà solo benefici per le multinazionali del settore, e non saranno raggiunti gli obiettivi di "ammodernamento, ristrutturazione e sviluppo" che il governo dichiara di voler raggiungere. Senza contare il fatto che questa manovra potrebbe rappresentare un viatico per costruire centrali nucleari in Italia, nonostante un referendum popolare che ha respinto questa possibilità.
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