Discorso di Evo Morales, Presidente della Repubblica Boliviana,
La Paz, 23 Novembre 2007
Grazie infinite alle sorelle e ai fratelli umanisti che partecipano a questo 2° Forum Umanista Latinoamericano nel mondo. Congratulazioni a chi ha organizzato questo grande evento a La Paz in Bolivia.
È importante la presenza delle varie nazioni che condividono la lotta per la vita, per l’umanità. Mentre ascoltavo gli interventi dei compagni che mi hanno preceduto, mi venivano in mente i ricordi che ho della parola “umanista”. Come al solito i giornalisti cercano di coglierci in fallo, aspettando che facciamo qualche errore per sfruttarlo contro di noi, specialmente contro di me.
Un giornalista mi chiede: “Tu sei di destra o di sinistra?” e io rispondo: “Di destra nemmeno per sogno, mai e di sinistra dipende, perché qua, in Bolivia c’è gente cosiddetta di sinistra che è i migliori strumenti dell’imperialismo nordamericano.” Alla fine ho risposto: “Né di sinistra, né di destra: umanista.”
A proposito di questa faccenda della parola umanista vi racconto un aneddoto del compagno Fidel: una volta ho ascoltato un suo discorso che è iniziato alle 6 del pomeriggio ed è finito a mezzanotte, poi mi ha portato a cena, abbiamo cominciato a mangiare all’una e fino alle 5 o 6 del mattino mi ha parlato della specie umana, di salvare la vita, l’habitat, l’ambiente, e quando mi parlava della vita, della specie umana, che bisogna salvare la specie umana, mi sono reso conto che la cosa più importante era la vita, l’umanità e per questo, grazie a questo professore, a questo maestro, Fidel Castro, mi sento umanista, compagne e compagni.
Ma certo voi siete qui riuniti pensando a come difendere la vita, l’umanità e così abbiamo l’obbligo di identificare quegli strumenti, quelle leggi, quelle politiche e quei programmi che sono nemici dell’umanità. Dicevo poco fa che voi visitate la Bolivia, e la visitate in un bel momento perché ci sono popoli che in base alla coscienza si muovono per difendere la vita, per raggiungere l’uguaglianza. Siamo all’Università e ringraziamo per le parole del nostro professore, i nostri professori che rispetto e ammiro tantissimo, professori che stanno con il loro popolo, universitari, universitarie. Come sempre non siamo tutti uguali. Non mancano alcuni professori e alcune università che insegnano solo a discriminare i popoli indigeni. Voi lo sapete bene e io non riesco a capire, per esempio, quando il movimento dei popoli originari chiedeva un’assemblea costituente e alcuni boliviani non ne volevano sapere; il movimento popolare parla di questo fin dagli anni ‘88, ‘89, ‘90 e ancora io non capivo cosa fosse un’assemblea costituente; me lo spiegarono alcuni giornalisti, alcuni compagni dirigenti, alcuni avvocati. “Stiamo parlando della rifondazione della Bolivia”, dicevano.
Cambiare quelle leggi che non difendono la vita, quelle leggi che privatizzano le nostre risorse naturali, i servizi di base.
Ci sono cose che voglio argomentare, come già ha detto il compagno Tomás, quando abbiamo parlato della guerra, delle nuove iniziative che abbiamo lanciato dagli Stati Uniti (si riferisce al discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite pronunciato il 24 Settembre 2007, NdT), che i servizi di base come la luce, l’energia, l’acqua, i sistemi di comunicazione come il telefono non possono essere oggetto di affari privati, devono essere dichiarati diritti umani. Come può essere che i servizi di base siano in mano ai privati, che grazie a quei servizi diventano milionari? Capitalisti, multinazionali che fanno affari con l’acqua, con l’energia? Questo deve cambiare. E si può cambiare solo se i popoli prendono coscienza. Si può cambiare solo quando il popolo è unito, organizzato, mobilitato pacificamente, per persuadere, convincere, affinché le autorità cambino politica, cambino mentalità, cambino modo di fare nei confronti della società, della vita e quindi dell’umanità.
Non sono riuscito a capire, in questi ultimi giorni qui in Bolivia, come è possibile che alcuni fratelli studenti, ed altri fratelli professori siano scesi in strada a sputare in faccia a quelle famiglie indigene contadine che lottano per le trasformazioni pacifiche e democratiche come l’Assemblea Costituente.
Non riesco a capire quelle autorità regionali che fanno pupazzi di Evo Morales e li prendono a calci, ci sputano sopra e poi li bruciano; no, non riesco a capirlo.
Io credo profondamente che finché ci saranno razzismo e discriminazione non ci sarà mai difesa della vita, dell’umanità. Ci sono gruppi che cercano di continuare a umiliare il popolo.
Vorrei confessarvi che, una volta, in realtà ho bruciato una bandiera. Sapete perché? Negli anni Ottanta, ma specialmente in una parte degli anni Novanta ho visto nel mio paese militari nordamericani, in uniforme, armati, che comandavano le nostre forze armate, la polizia. Reprimevano le manifestazioni dei contadini, gli sparavano. E nella caserma dove io ho prestato servizio militare mi hanno insegnato che nessun militare straniero può andare in giro armato e sparare. Io non riuscivo a capire come mai i militari nordamericani andavano in giro a sparare, in uniforme. Ho parecchi filmati che lo dimostrano, non sto mentendo né accusando nessuno. E stanco di sparatorie, in una grande manifestazione, ho bruciato una bandiera degli Stati Uniti, l’unica volta, non so se mi sono sbagliato. Ma fare un pupazzo di un’autorità, di un presidente e bruciarlo perché è un indigeno, perché è un contadino non si riesce a capire. Questo stiamo vivendo qui in Bolivia. Non sono tutti, non sono la maggioranza, sono un gruppo di poche famiglie, non sto accusando tutti, solo alcune autorità. Stavo leggendo proprio oggi, per esempio, alcune strategie dei presidenti del Comitato Civico, un piano per far fuori l’Indio, come dicono alcuni oligarchi, a Santa Cruz. Per esempio dicono (tira fuori un foglio e legge): “Chiudere gli oleodotti che alimentano le principali città del paese, La Paz, Cochabamba ed altre”. Che bell’egoismo, bella meschinità dei dirigenti di Santa Cruz, autorità democraticamente elette.
Non riesco a capire questo egoismo, questo individualismo, questo settarismo, questo regionalismo, non riesco ancora a capirlo. Dovremo passare per questo tipo di avvenimenti, tanti avvenimenti per educarci, sentire il nostro prossimo, la vita delle nostre sorelle, dei nostri fratelli che vivono su questo pianeta, la Terra, e quindi uno dei nemici dell’umanità è il razzismo, è l’individualismo.
Ma ci sono anche altri strumenti nemici dell’umanità: il capitalismo. Io non sono d’accordo col capitalismo. Non è possibile che alcune famiglie, alcune multinazionali continuino ad accumulare il capitale in mano a pochi, saccheggino le risorse naturali, sfruttino gli esseri umani e, quando gli va male, creino strumenti di sottomissione, di dominio o di ricolonizzazione, strumenti di grande saccheggio come ad esempio il CIADI (nominalmente organismo di risoluzione delle controversie economiche internazionali, in realtà strumento per l’ingerenza delle multinazionali nelle politiche dei paesi, NdT). Non riesco a capire perché se c’è un conflitto tra una multinazionale e uno stato arriva l’arbitrato internazionale del CIADI, e con quest’arbitrato finisce sempre che perdono le nazioni o, se vince uno stato, si chiama solo Stati Uniti.
Certamente l’ambasciatore di Cuba che è qui oggi sa bene di cosa parlo. Insieme al compagno Hugo Chávez abbiamo deciso di ritirarci dal CIADI, di dare le dimissioni. Quando certe aziende non rispettano le leggi di uno stato, di una nazione, fanno appello al CIADI e vincono la causa. C’è da pagare miliardi e noi abbiamo questo problema. È con molto rispetto che vi chiedo, a nome del popolo boliviano, a nome del nostro governo, di mettere in moto una campagna internazionale per abolire il CIADI, per liberarcene. Non abbiamo bisogno di strumenti che permettano il saccheggio permanente delle nostre risorse naturali.
Penso che sarà bene se domani qualche compagno o dirigente o ministro possa venire a spiegarvi i dettagli di come funziona il CIADI. Perché ci vorrebbero ore e ore per capire come il CIADI sia, purtroppo, il migliore strumento del capitalismo delle multinazionali.
Allora, com’è possibile che in questo nuovo millennio il capitalismo si stia convertendo in un’industria di morte, in uno strumento di profonde disuguaglianze economiche? Se c’è disuguaglianza questa crea profonde asimmetrie tra una famiglia e un’altra, tra un paese e un altro, tra un continente e un altro e pertanto mai si potranno risolvere i problemi sociali e i problemi economici. Così continueranno gli scontri, le lotte per il cambiamento, per la giustizia e quando i popoli si avvicinano: guerre. E quando c’è una guerra chi ci guadagna? Le multinazionali, le industrie belliche e poi comincia la corsa agli armamenti, per chi? Sempre per le multinazionali.
Stavo studiando le guerre che abbiamo avuto in Bolivia; non c’è stata alcuna guerra tra la Bolivia e il Cile. Quella “guerra del Pacifico” è stata una guerra tra multinazionali. Vorrei felicitarmi e ringraziare il popolo cileno per la sua campagna “Mare per la Bolivia”. La guerra col Paraguay è stata una falsità, la guerra del Chaco, altra guerra delle multinazionali, altra guerra della gente che vuole concentrare il capitale in mano a pochi. A che servono le guerre? Non alle nazioni né agli stati e ancor meno ai popoli; ma quelli che muoiono sono i popoli. Perché si fanno le guerre?
E qui è veramente tanto il rispetto, l’ammirazione per gli umanisti qui presenti. Mettiamo fine insieme a queste guerre. Ma incominciamo anche a proporre di chiudere le fabbriche di armi, che servono solo ad umiliare il popolo, a rafforzare il capitalismo per uccidere il popolo. Le fabbriche di armi e la corsa agli armamenti sono il migliore strumento per rafforzare il capitalismo, per proteggerlo.
Credo che abbiamo molto da fare su questo tema, molto lavoro, c’è molto bisogno di creare una coscienza nei popoli e la piccola esperienza che posso raccontarvi è quella di come ci uniamo, ci organizziamo, prendiamo coscienza tutti per difendere la vita, per salvare l’umanità. È l’esperienza più bella che abbia vissuto finora e stiamo continuando il nostro compito di comprendere come creare una maggiore coscienza nazionale.
Sorelle e fratelli umanisti, vorrei raccontarvi qualcosa di quello che abbiamo fatto finora. Poco fa il compagno Tomás ha parlato delle risorse naturali, dicendo che la Bolivia non è un paese povero. Noi abbiamo già scoperto quattro posti dove il petrolio zampilla dal terreno. Non ci potevo credere: questa terra viene saccheggiata da 500 anni e c’è ancora petrolio che zampilla. Ho visitato personalmente uno di questi posti. È la nostra Madre Terra, noi la chiamiamo Pachamama, è lei che ci dà la vita. Ma com’è che le multinazionali si portano via tutto? Vediamo i risultati, per primo quello della nuova legge sugli idrocarburi. Ringraziamo le forze sociali che fin dal 2002 hanno lottato con noi per cambiare la legge. Cari ospiti, vorrei che sapeste che prima lo stato boliviano incassava ogni anno 300 milioni di dollari per gli idrocarburi. Questo dato è cambiato dalla nazionalizzazione avvenuta del 2004-2005. Quest’anno, grazie alla nuova politica la Bolivia incassa più di 2.000 milioni di dollari.
Il secondo dato importante. L’ultima volta che siamo stati in attivo in Bolivia è stato nel 1960. Sempre deficit, deficit. Mi ricordo, quando ero sindacalista, che notizie davano i mezzi di comunicazione. Arrivava Natale e c’era da pagare la tredicesima. Così il ministro dell’economia con i suoi collaboratori si faceva un viaggetto negli Stati Uniti a farsi prestare soldi per la tredicesima. Questa era la situazione. Due o tre giorni fa ci siamo messi a controllare un po’ di dati e abbiamo scoperto che i soldi della cooperazione internazionale erano prestiti per pagare la tredicesima.
Sapete, sorelle e fratelli, vorrei dirvi che l’anno scorso, appena eletto presidente, dicevo a questo tipo di manifestazioni: “Ho bisogno di due o tre anni perché nessuno presti più soldi alla Bolivia per pagare le tredicesime”. Dicevo questo, ma l’anno scorso, nel primo anno di governo, siamo andati in attivo, per la prima volta dal 1960.
Un altro dato importante nella politica macroeconomica: il tema delle riserve internazionali. Sarò sincero, non capivo cosa fossero queste “riserve internazionali”, fino a 3, 4 anni fa, non capivo, sul serio, è la verità. Fino al 2004 le riserve internazionali della Bolivia erano meno di 1.000 milioni di dollari. L’anno scorso erano qualcosa di più e due settimane fa le riserve internazionali della Bolivia hanno raggiunto i 5.000 milioni di dollari. Per i fratelli argentini e cileni questo non è nulla. Il compagno Kirchner diceva, durante il vertice latinoamericano, che quando era stato eletto presidente le riserve internazionali ammontavano a 6.000 milioni di dollari e che stava terminando il mandato con 44.000 milioni. Invidiabile. Ma la Bolivia, fino al 2004, aveva meno di 1.000 milioni di riserve; ora, nel 2007, ne ha più di 5.000. E qui arriva la domanda: prima questi soldi c’erano, non è che non ci fossero. Il tema è: dove andavano a finire? Nelle tasche di qualche governante o all’estero. Non ci si riesce a crederci, io non posso credere dove finivano quei soldi.
Certo, una volta ho detto: il peggior nemico dei boliviani è la corruzione.
Il secondo è il neoliberalismo, le privatizzazioni. Compagni, ho l’obbligo di dirvi, brevemente, quali sono i problemi di oggi. La cosiddetta inflazione. Certo, ci sono problemi con certi prodotti, ma questi salgono e scendono sempre. Ci sono prodotti agricoli che cominciano a salire di prezzo non solo in Bolivia ma in tutta la regione, perfino a livello mondiale per colpa del biocombustible. Personalmente non sono d’accordo, non so cosa ne pensano gli umanisti. Io non sono d’accordo con il biocombustible. Non può essere che si usino i prodotti agricoli per i rottami nordamericani. Non è possibile che il nostro mais, la nostra canna da zucchero siano per le automobili. Devono essere per gli esseri umani, non per le automobili. Ma qui abbiamo un problema. Alcuni imprenditori privati nascondono prodotti, speculano con prodotti, è impressionante come fanno, lo fanno pensando di indebolire Evo Morales. In secondo luogo, nascondendo materie prime fanno salire i prezzi. Danno soldi ai camionisti perché scioperino e fermino i camion. Di questo passo staranno fermi per un anno intero. Vale tutto. Cercano ogni mezzo per indebolire il governo. È una lotta permanente tra principi, idee, piani, programmi.
Ci sono alcuni oligarchi che vorrebbero un Pinochet in Bolivia, ma mi spiace, siamo sicuri, non ci sarà mai un Pinochet in Bolivia. Vorrei dirvi che è questa coscienza del popolo, soprattutto del popolo indigeno che porta alcuni a Sucre a marciare per difendere l’Assemblea Costituente, altri a La Paz a manifestare in favore della giustizia sociale, della rivoluzione sociale; questa è la coscienza del popolo boliviano. Per questo non serve a nulla che alcuni politici, alcuni dirigenti amministrativi stiano massacrando, stiano boicottando con la loro guerra economica. Non ce la faranno, sono sicuro, noi siamo qua, con il nostro popolo, in lotta per liberare il nostro paese.
Oggi non sono i popoli che alzano le armi contro l’impero, è l’impero che usa le armi contro il popolo e ci sono alcune autorità, alcuni movimenti che lottano per farla finita con i conflitti armati.
Per esempio apprezzo la grande iniziativa del compagno Hugo Chávez, che cerca soluzioni al conflitto armato della Colombia. So che la cosa è abbastanza avanti. E rispettiamo la decisione sovrana del presidente Uribe di decidere per il sì o per il no. Ma se io fossi il presidente Uribe lo farei, chiedere ai movimenti, ai presidenti, ai dirigenti di venire ad aiutare a risolvere il conflitto armato in Colombia. Oggi le rivoluzioni non si fanno ammazzando la gente, da una parte o dall’altra. Oggi dobbiamo fare rivoluzioni profonde per difendere la vita. Per cosa lottiamo: per difendere la vita, per salvare la vita, stiamo lottando per salvare l’umanità. E se nel mio paese ci fossero quel genere di conflitti io vi chiederei: “Aiutatemi a risolvere questi scontri armati”. Per questo sarebbe importante, tutti mobilitati per finirla con quel genere di conflitti, che ancora ci sono in alcuni paesi. Poi cambiamo mentalità, cambiamo atteggiamento e liberiamo tutte le persone sequestrate. Ci sono persone che vengono sequestrate. Che colpa hanno quelle persone? Non è colpa di quelle persone. Il nemico è il capitalismo, c’è da affrontare il capitalismo e questo non si fa né sequestrando né assassinando nessuno. Così la penso io.
Compagne e compagni, vorrei dire una cosa importante. Nel movimento indigeno viviamo in armonia, in solidarietà con l’essere umano. Raccontavo, tempo fa, che dove sono nato, nella comunità di Isallavi, del ayllu Sullka, dipartimento di Oruro, non esiste la proprietà privata, c’è solo la proprietà comunale, collettiva; questo fino ad oggi. Questo esiste. Ma non c’è solo la proprietà collettiva, c’è anche un modo di vivere in armonia con la Madre Terra. Fra poco sarà Sant’Andrea, che è una festa per la Madre Terra. Speriamo che il governo mi dia il permesso di poter celebrare la festa di Sant’Andrea sul monte Cuchi Cuchi, dove fanno una grande festa per la Madre Terra. Stiamo recuperando queste tradizioni e chiedendo scusa ai nostri antenati, ai nostri padri; un rito per la Madre Terra, così come si chiede permesso alla terra quando la si lavora. Per la produzione, un’altra festa. E non come il capitalismo che sottomette la Madre Terra, strangola l’ambiente. E qui sono d’accordo con molte iniziative, molte idee di molti presidenti che dicono che per salvare l’umanità abbiamo l’obbligo di salvare il pianeta Terra, la Pachamama. Se non salviamo la Madre Terra parleremo invano di salvare l’umanità, di difendere la vita. E per questo io sento che il primo nemico dell’umanità è il capitalismo selvaggio e che abbiamo l’obbligo di concentrarci su questo problema perché questo modo di fare le cose cambi, perché cambino i modelli economici. Modelli economici che ora sono orientati solamente al saccheggio delle risorse naturali, alla cattiva distribuzione di queste risorse o delle risorse economiche che da quelle derivano.
Un’altra cosa importante che vorrei farvi sapere è che l’anno passato abbiamo creato un bonus scolastico perché si possano mandare i bambini a scuola. E poi lavoriamo per i nostri anziani e anziane, è un progetto che si chiama “Renta Dignidad (Pensione Dignità)”. In Bolivia, meno del 20% va in pensione, più dell’80% non ha diritto alla pensione. Ma più dell’80% della gente che lavora è quella che lavora di più e guadagna poco e che non aveva diritto alla pensione. Con “Renta Dignidad” stiamo lavorando affinché tutti in Bolivia, possano ricevere una pensione minima.
La politica è servire il popolo, ci siamo messi in politica per servire il popolo. Siamo in una permanente lotta per capire come spiegare al popolo, come capire che la politica è una scienza al servizio del popolo. È un cammino, una lotta permanente alla ricerca dell’uguaglianza. Sento che mai ci sarà uguaglianza, uguaglianza, però ridurre le differenze economiche permetterà finalmente che la gente che oggi ha molto si renda conto, che si possano persuadere alcune famiglie che pensano solo a se stesse a pensare al popolo.
Alcuni mostrano tanta meschinità con il popolo e tanta fratellanza con l’impero. Quelle famiglie non pensano alla patria, ma ai quattrini per se stessi.
Gli eventi che stanno accadendo, come questo, credo che possano essere di grande lezione per loro, una grande università affinché queste famiglie sentano il popolo, sentano l’umanità, sentano l’essere umano, e non pensino solamente a se stessi. Questa è la richiesta che faccio.
Sono importanti i nuovi mezzi di comunicazione di cui si è dotato lo Stato, reti che abbiamo creato con il nome di “Patria Nueva”, servono per orientare il popolo, spiegare il tema della violenza, perché stiamo scommettendo sull’umanità. La vostra presenza sarà importante per rafforzare e potenziare questo processo di cambiamento, che è veramente impressionante. Me ne accorgo quando vado in giro, a volte portando risposte, altre ascoltando proposte, a volte quando mi chiedono soldi e devo dire che non possiamo ancora soddisfare quella richiesta.
Vorrei anche esprimere, senza alcuna paura, il mio rispetto e la mia ammirazione per Cuba e Venezuela, per la loro solidarietà incondizionata. Non ci potevo credere, compagni, per esempio, i fratelli cubani si sono presentati qua e mi hanno detto: “Presidente dove li mettiamo i primi 10 centri oftalmici?”. Non ci potevo credere, non mi entrava nella zucca. Bene, li abbiamo sparsi in giro. Si sono operate 180.000 persone. Alla fine sono giunto alla conclusione che è come l’esperienza in famiglia, nelle famiglie più povere che sono quelle più solidali, dopo aver visto tutto ciò sono arrivato a questa conclusione.
Sorelle e fratelli ospiti, buon soggiorno qui da noi. Fatemi conoscere le conclusioni di questo grande evento, in modo che mi possa coinvolgere di più e meglio, come umanista, come siete coinvolti voi, mie sorelle e fratelli.
Mille grazie.