In questo clima, l’accordo tra Governo, Confindustria e Sindacati (non solo CISL e UIL ma anche SinPa – Sindacato Padano e altri), rappresenta un “patto di ferro” dove i Sindacati giocano il ruolo di gestire e disciplinare il malcontento dei lavoratori, in cambio delle briciole della torta. La CGIL, unica apparente dissidente, presenta una proposta quasi identica ed in realtà sta contrattando il suo ingresso nella spartizione.
Questo modello di accordo concertativo riecheggia piuttosto sinistramente la visione corporativa del lavoro tipica della mentalità fascista (si veda la «Carta del Lavoro» del 1927 punto IV).
Il IV Governo Berlusconi ha subito affondato il colpo con una serie di assalti all’arma bianca:
- Legge 126/24 del luglio 2008, sulla DETASSAZIONE DEGLI STRAORDINARI;
- Legge 133 del 5 agosto 2008, sulla DEREGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO (“Decreto Brunetta”);
- Direttiva del Ministero del Lavoro di indirizzo per i servizi ispettivi e attività di vigilanza (18 settembre 2008), che INDEBOLISCE GLI ISPETTORI DEL LAVORO E DELL’INPS;
- Disegno di legge 1441 quater CHE STERILIZZA LE CAUSE DI LAVORO E LEGA LE MANI AI GIUDICI DEL LAVORO.
L'accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali (22 gennaio 2009)
(Si ringrazia la CUB Torino per aver messo a disposizione le analisi delle proposte di contratto)
Quali sono le caratteristiche nuove dell'accordo quadro?
1- si propone essenzialmente di legare le retribuzioni alla produttività e cioè all'andamento delle aziende indebolendo la contrattazione di primo livello, quella nazionale, e dando più spazio, vedremo poi quale, alla contrattazione di secondo livello, quella aziendale.
2- l'accordo prevede di sostituire l'inflazione programmata con l'IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. In pratica, si punta ad un'ulteriore riduzione del peso del contratto nazionale dal punto di vista economico.
3 - I contratti avranno valore triennale, in luogo dell'attuale situazione che ne vede una durata quadriennale per la parte normativa e biennale per la parte economica. Dove il governo è anche il padrone si stabilisce che gli eventuali scostamenti fra inflazione reale ed aumenti verranno posti in contrattazione nel triennio seguente.
4- tutte le organizzazioni sindacali, in primo luogo quelle dissidenti, per non parlare dei comitati extrasindacali e degli scioperi spontanei, saranno costrette ad una “tregua” utile a non disturbare i manovratori ed a bloccare l'eventuale protesta delle lavoratrici e dei lavoratori.
5- si indebolisce la contrattazione nazionale a scapito di quella di secondo livello, quella aziendale, quella sulla quale, almeno in ipotesi, i lavoratori hanno maggior margine d'azione. (In Italia le imprese che hanno una contrattazione aziendale sono solo quelle medio grandi, un'infima minoranza delle imprese ed una minoranza abbastanza modesta dei lavoratori). I lavoratori delle piccole imprese, la maggioranza, non recupereranno quanto sottratto loro dall'inflazione. E’ un regalo dei grandi imprenditori a se stessi visto che le piccole imprese sono, di norma, indotto delle grandi sulle quali si scaricano le contraddizioni e nelle quali il rapporto di forza fra lavoratori e imprenditori è sbilanciato a favore di questi ultimi, a loro volta sottomessi al dispotismo del grande capitale.
6 - L'articolo 16 dell'accordo prevede che “per consentire il raggiungimento di specifiche intese per governare, direttamente nel territorio o in azienda, situazioni di crisi o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale, le specifiche intese potranno definire apposite procedure, modalità e condizioni per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria”. Cioè si può derogare dai contratti nazionali ma lo si può fare in peggio.
7 - L'articolo 18 dell'accordo prevede che “le nuove regole possono determinare, limitatamente alla contrattazione di secondo livello nelle aziende di servizi pubblici locali, l’insieme dei sindacati, rappresentativi della maggioranza dei lavoratori, che possono proclamare gli scioperi al termine della tregua sindacale predefinita”. In pratica, in un settore che è sotto tiro, viste le privatizzazioni in cantiere, si è stabilito di garantire ai sindacati “rappresentativi” pesino il monopolio del diritto di sciopero. In pratica si blinda a doppio mandato la contrattazione.
In sintesi, ancora una volta la burocrazia sindacale ha brillantemente gestito lo scambio fra privilegi per sé e diritti dei lavoratori.
Le proposte del Partito Umanista
Le proposte devono tenere conto dei cambiamenti sociali degli ultimi anni. Pur esistendo una considerevole quantità di lavoratori sfruttati, precari e ricattati, tuttavia non esiste più la percezione di essere una “classe sociale”. Se da un lato molto sforzi vanno dedicati alla formazione e alla presa di coscienza dei lavoratori di “essere sulla stessa barca” e che “i timonieri seguono i propri interessi invece di quelli collettivi”, dall’altro ci sembra interessante informare che “sulla stessa barca” ci sono anche quelli che “hanno la fabbrichetta”, quando si renderanno conto che la fabbrichetta in realtà non sono loro a possederla ma la banca.
Esiste inoltre una grande quantità di “lavoratori atipici”: contratti di consulenza a progetto, partite iva, interinali. Questi gruppi, lungi dal rappresentare una nuova categoria di imprenditori, sono dipendenti mascherati da lavoratori autonomi.
Uno strumento, nel mondo del lavoro, per raggiungere questo obiettivo è l’azione sindacale gli obiettivi a medio e lungo termine da raggiungere perché una azione sindacale abbia senso sono a nostro avviso:
- equiparare il rischio di impresa al rischio del lavoratore;
- obbligare il grande capitale a reinvestire i guadagni “nel mondo reale” invece di farli fuggire nelle transazioni finanziarie che generano speculazione ed usura.
Nell’immediato la priorità è assicurare condizioni di vita dignitose a milioni di persone (in Italia).
Cercando di unire le rivendicazioni dei lavoratori salariati, atipici, con quelle di qualche esponente della piccola impresa conscio di non possedere più nulla, a nostro avviso è possibile:
- creare coscienza e formazione partendo dalla singola azienda e da piccoli gruppi di lavoratori, dando battaglia in ogni singola azienda e coordinando progressivamente azioni di insieme sempre più ampie, sulle grandi priorità in ambito lavorativo che secondo noi sono la questione dei salari e la questione della sicurezza sul lavoro;
- condurre una battaglia per sottrarre alle grinfie del grande capitale i salari e i pochi risparmi oramai rimasti, attraverso la creazione di fondi autogestiti dai lavoratori;
- cercare di introdurre modifiche alle normative vigenti partendo dai livelli legislativi accessibili (province e comuni) o attraverso elezioni dirette di lavoratori o attraverso pressioni sugli organi istituzionali preposti.