Il ricordo della battaglia portata avanti nel secolo scorso per liberare l’Italia dal nazifascismo deve rimanere un esempio che possa ispirare le nuove battaglie nonviolente per questa epoca. Un processo di liberazione da oppressione e violenza è più che mai necessario.

È interessante, quasi paradossale, che Berlusconi in occasione della festa nazionale del 25 Aprile abbia proposto di cambiarne il nome da “Festa della Liberazone” a “Festa della Libertà” cercando di dare un colpo di spugna alla memoria del processo sofferto e doloroso che è stato comportato dalla liberazione del nostro paese dal nazifascismo. Il Berlusconi-pensiero cerca di mostrare come inopportuno il ricordare un percorso tanto doloroso dall’alto della “Libertà” di oggi.

Ill fatto è che quando parla di “Libertà” intende la libertà del Mercato e dei suoi padroni di fare quello che a loro pare, la libertà dei cittadini, o meglio dei consumatori, di comprare questo o quel frigorifero o di votare questo o quel partito tra quelli proposti dagli stessi signori che controllano il mercato.

Ci sembra fondamentale rivendicare invece proprio il concetto di “Liberazione” come qualcosa ancora importante da celebrare.
Un processo del genere oggi non può che essere portato avanti in modo nonviolento, ma questo non significa che non consista in battaglie molto difficili e che richiedono una dose di coraggio non inferiore a quella che fu necessaria ai partigiani.

A questo proposito per chiarire cosa intendiamo per libertà e liberazione vorrei citare alcuni passaggi scritti dal nostro amico Thomas Hirsch, portavoce del Nuovo Umanesimo per il Sud America, nel suo libro “La Fine della Preistoria”.

Per il Nuovo Umanesimo, il nucleo della dignità umana sta nella sua libertà. Non stiamo certo parlando della “libertà” di comprare questo o quel frigorifero, ma del diritto di accettare o rifiutare le condizioni in cui ci tocca vivere e quello di agire in modo intenzionale per cambiarle. [...] attualmente la rivoluzione più importante è umana, ancor più di quella politica o sociale è quella umana poiché conosciamo già gli orrori che possono derivare da una concezione sbagliata (interessata o no) dell’essere umano. Umanizzare significa prendere coscienza della propria libertà e metterla in moto per trasformare il mondo. Se l’essere umano non assume un ruolo di protagonista nella storia, questa tende a comportarsi come un sistema naturale che punta all’entropia, come sta succedendo oggi. Il determinismo del naturale è presente nel darwinismo del modello attuale, il determinismo storico nella meccanica della destrutturazione. Questi condizionamenti si potranno superare grazie al risveglio intenzionale di individui e popoli e questo avverrà quando smetteremo di credere di essere ciò che non siamo: pezzi di un grande macchinario, o animali bipedi in lotta per la sopravvivenza... Se riusciremo a superare il momento oscuro in cui ci tocca vivere, sarà perché la libertà si sarà instaurata al centro della vita sociale. Sorgeranno allora un’etica della libertà, una psicologia della libertà, un’economia della libertà, un’organizzazione politica della libertà, una religione della libertà, un’arte della libertà e nessun determinismo o natura riusciranno a fermare questo spiegamento.

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