Chiedere asilo dalle persecuzioni, politiche, economiche, religiose, etniche e ambientali non è un reato: è un diritto sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948). Accogliere il profugo e aiutare il rifugiato sono doveri  di ogni nazione, sanciti dalla Convenzione di Ginevra (1951). L’Italia rientri nell’alveo delle nazioni civili o molti degli italiani saranno costretti a chiedere rifugio politico all’estero. Quale sarà il prossimo passo? L’introduzione dei crimini di povertà e disoccupazione con immediato espatrio di tutti i “colpevoli”?

Il governo sta spacciando per “pacchetto sicurezza” un elenco di norme che hanno veramente poco a che vedere con la sicurezza e con il benessere dei cittadini, ma piuttosto sembrano voler riaprire definitivamente una stagione di segregazione, non più in base direttamente alla “razza” come avvenne negli anni più bui del secolo scorso, ma in base alle condizioni economiche del paese di origine.

Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio: questo è un diritto sancito in modo chiaro ed esplicito dall’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che stabilisce anche la libertà di movimento di residenza entro i confini di ogni Stato. L’articolo 14 aggiunge poi che ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.

Dall’articolo 1-A della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati (1951) si comprende senza difficoltà che molte delle persone che saranno respinte alle frontiere a partire dal pacchetto sicurezza possono rientrare nella categoria di “rifugiato”. Il rifugiato è colui "che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra"  (Fonte: Articolo 1A della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati).

L’articolo 3 dello stesso trattato proibisce discriminazioni in base a razza, religione e paese d’origine. L’articolo 31 proibisce addirittura il sanziona mento penale di rifugiati che soggiornino irregolarmente nel paese ospitante e l’articolo 33 sancisce il divieto d’espulsione e di rinvio al confine.

Infine, la Costituzione Italiana, all’articolo 10 ribadisce il diritto all’asilo a qualunque straniero “al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”. Il reato di ingresso e soggiorno irregolare è in aperto conflitto con questo diritto fondamentale ed apre il campo a una deriva veramente pericolosa per il nostro sistema giuridico.

Criminalizzare le categorie di cittadini più deboli, invece di investire risorse per la loro integrazione ed invocare la garanzia della “sicurezza” come necessità per giustificare tali norme, apre il campo ad una vera e propria deriva democratica, in cui si comincerà ad accusare i deboli di turno di essere i responsabili di situazioni che non hanno certo prodotto loro. Sarà il turno degli omosessuali, dei disoccupati, dei giovani, dei precari, tutte pericolose categorie che potrebbero rivendicare i propri sacrosanti diritti, mettendo così “in pericolo” la sicurezza degli altri.

Ci sono momenti nella storia in cui bisogna veramente scegliere da che parte stare. La solidarietà spesso comporta il pagamento di un prezzo: lo sanno bene gli eroi che durante il periodo buio del fascismo hanno addirittura rischiato la propria vita per salvare le persone perseguitate dalle leggi razziali.

Se aiutare un clandestino da domani diventerà un reato ci troveremo in una situazione in cui, come ai tempi delle leggi razziali, noi italiani dovremo decidere con coscienza se disobbedire a una legge così ingiusta per non farcene complici.

L’Unione Europea e l’ONU devono insistere affinché l’Italia torni all’interno delle norme del diritto internazionale.

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