Stiamo assistendo all'instaurazione di un vero e proprio nuovo fascismo. Per imporsi questo non ha bisogno del manganello e dell'olio di ricino usati da Mussolini negli anni Venti e neanche delle torture e delle sparizioni degli oppositori tipiche delle dittature più recenti: bastano la censura sull'informazione e l'approvazione di leggi speciali che in nome della lotta al terrorismo limitano le libertà fondamentali e i diritti civili. Questo almeno è il trattamento riservato alle popolazioni occidentali; ad altri popoli toccano invece guerre, torture e bombardamenti.
Come il fascismo storico, anche quello attuale infatti si basa sulla violenza e non esita a invadere e occupare altri paesi. Ha bisogno inoltre di un apparato poliziesco e legislativo che permetta di controllare e poi reprimere ed eliminare ogni opposizione e di un nemico da incolpare e contro cui indirizzare le paure e i risentimenti della gente. Un tempo erano gli ebrei, oggi sono i terroristi e più in generale gli immigrati, preferibilmente islamici, vittime di una vera e propria campagna di odio e intolleranza.
Autoritarismo e intolleranza: ecco i due aspetti che costituiscono l'essenza del fascismo e che ritroviamo anche oggi.
I primi ad adottare leggi speciali anti-terrorismo sono stati gli Stati Uniti subito dopo l'11 settembre 2001, seguiti dalla Gran Bretagna e da molti altri paesi. La logica che ispira queste leggi si può sintetizzare così: davanti al terrorismo e alla necessità di sconfiggerlo, vale la pena di sacrificare qualche diritto. La sicurezza è più importante della libertà. Il risultato più aberrante di questa logica da "il fine giustifica i mezzi" è la prigione di Guantanamo, con i suoi processi segreti e le centinaia di detenuti rinchiusi in gabbia per anni senza prove.
In un clima da "tutti uniti per combattere il terrore", le leggi speciali sono state approvate quasi all'unanimità. Due esempi per tutti: negli Stati Uniti molti parlamentari hanno votato per il Patriot Act del 2001 senza neanche leggerlo e in Italia il "pacchetto" anti-terrorismo è passato nel luglio 2005 con 20 voti contrari e 385 favorevoli.
L'elenco degli orrori previsti nelle varie leggi è lungo: negli Stati Uniti l'FBI ha poteri tali da poter fare praticamente tutto ciò che vuole (intercettazioni, microspie piazzate nelle case e nei telefoni, perquisizioni, perfino controlli sui libri presi a prestito in biblioteca). In Gran Bretagna, in base alle norme anti-terrorismo, si può essere arrestati e detenuti per un periodo indefinito senza conoscere le accuse a proprio carico. In Italia la legge appena approvata prevede interrogatori senza la presenza di un avvocato, l'estensione a 24 ore del fermo di polizia giudiziaria, il prelievo forzato di campioni di capelli e saliva, l'espulsione a discrezione del Ministro degli interni e dei prefetti senza consultare la magistratura (e senza alcuna garanzia che la persona espulsa non venga poi imprigionata e torturata, specie se viene rimandata in paesi dove i diritti umani sono continuamente violati) e l'impiego dell'esercito per fermare e perquisire auto e persone sospette.
Altri paesi si accodano: con la scusa della minaccia terrorista l'Australia ha appena approvato nuove misure che danno più poteri alla polizia, che potrà richiudere in cella un sospetto per 48 ore senza avere un mandato e senza formulare un'accusa specifica. La Francia si appresta a discutere una legge che prevede video-sorveglianza all'interno e all'esterno di banche, luoghi di culto, scuole ecc., controllo degli spostamenti anche all'estero e controllo degli scambi telefonici ed elettronici.
In sostanza, le leggi speciali si presentano come una risposta al bisogno di sicurezza dei cittadini atterriti dalla prospettiva di un attentato terroristico, ma in realtà instaurano un regime di controllo assoluto e concedono poteri illimitati alle "forze dell'ordine" (compreso quello di sparare). Inoltre puntano a far accettare come normali e addirittura positive e rassicuranti la presenza capillare dell'esercito per le strade e nei mezzi pubblici, le intercettazioni telefoniche ed elettroniche e l'idea aberrante che una persona semplicemente sospettata di un reato possa essere interrogata senza la presenza di un avvocato, arrestata, detenuta e, se straniera, espulsa.
Solo qualche partito d'opposizione e qualche organizzazione per i diritti umani ha protestato per queste misure mostruose, ma quasi "pro forma", senza attuare una vera campagna d'informazione sul loro significato e possibili conseguenze e senza proporre e organizzare mobilitazioni com'è stato fatto, invece, per opporsi alla guerra in Iraq.
Il disegno del sistema è chiaro: cominciare con i terroristi, veri o presunti e poi usare le norme previste dalle leggi speciali per intimidire e perseguitare persone o categorie del tutto estranee al terrorismo armato, ma scomode per chi è al potere. La presenza capillare dell'esercito nelle strade, inoltre, permetterà di reprimere eventuali rivolte o disordini violenti.
Il sistema gioca con le paure della gente, alimentandole e ingigantendole e sfrutta a proprio favore caratteristiche che esso stesso ha prodotto - l'atomizzazione, l'individualismo, il senso di rassegnazione e impotenza – per sventare la minaccia di una vera opposizione. La complicità di molte forze che in teoria dovrebbero opporsi a questo disegno ("sinistra", sindacati ecc) e invece lo favoriscono, è un altro elemento da considerare e denunciare.
Un altro punto di cui tenere conto è la difficoltà ad accettare l'idea che libertà date per scontate siano già adesso minacciate e possano scomparire da un momento all'altro: per quanto tempo ancora potremo organizzare liberamente manifestazioni ed esprimere punti di vista e denunce? Non si tratta di alimentare allarmismi cupi e isterici, da Cassandra, ma di avere chiari i pericoli della situazione e quindi l'urgente necessità di dare un segnale forte e chiaro, che non solo denunci, ma offra anche un'alternativa, approfittando degli spazi di libertà che ancora esistono. In questo contesto, il ritiro di tutti gli invasori dai territori occupati e il rifiuto delle leggi repressive assumono un'importanza particolare e non sono soltanto rivendicazioni concrete e apparentemente limitate.
In sintesi: quello che stiamo vivendo è un momento cupo e crudele, ma che offre anche grandi possibilità di lanciare forti segnali di ribellione e di speranza.