Duecento, forse trecento milioni di euro. Questa sarà la cifra che i comuni non si troveranno più nelle proprie casse. Oltre alla decurtazione già prevista per gli enti locali dalla legge finanziaria per il 2006, i comuni italiani non incasseranno più neanche l’ICI che la chiesa cattolica ha dovuto erogare finora per gli edifici in cui svolge le sue attività.

Questo notevole risparmio per le casse ecclesiastiche è la conseguenza della conversione in legge di un decreto che prevede che le curie non dovranno più pagare l’ICI per gli immobili utilizzati per attività educative e di assistenza, anche se svolte in forma commerciale. Non solo: le stesse curie potranno anche chiedere che vengano loro rimborsati i soldi che hanno pagato finora, a partire dall’entrata in vigore nel 1992 della tassa sugli immobili.

Non abbiamo dubbi sul significato di questa norma approvata al Senato: un altro esempio più evidente di favoritismo e di discriminazione economica è difficile immaginarlo.

Tale misura rappresenta un’altra prova di discriminazione religiosa, nonostante si continui a dire che non esiste una religione di stato: la chiesa cattolica non paga più l’ICI, mentre per tutti gli altri edifici usati da altre organizzazioni religiose non cattoliche la tassa rimane inalterata.

Ma la discriminazione più grave è nei confronti di tutti i cittadini italiani: tante famiglie composte, per esempio, da quattro persone, che vivono in una casa di due stanze e che devono tirare avanti con un solo stipendio, devono pagare l’ICI, mentre a Roma, città ecclesiastica per eccellenza, la curia romana non pagherà più i cinque milioni di euro che finora ha dato al comune per la stessa tassa. Anzi potrà addirittura chiedere di essere rimborsata per ciò che ha pagato dal ’92 in poi, mentre lo stesso comune potrebbe anche pensare di rifarsi sui cittadini, i quali si  potrebbero trovare a pagare anche una tassa in più per la presenza di edifici usati dalla chiesa sul proprio territorio.

Senza contare il fatto che mentre strutture scolastiche e sanitarie pubbliche continueranno a pagare, analoghe strutture cattoliche, come il policlinico Gemelli a Roma e le innumerevoli scuole private gestite da preti e suore, non dovranno più dare un soldo per l’ICI. Se poi a questo si aggiunge il fatto che i docenti di religione, nonostante vengono scelti dalla curia senza passare per un concorso come tutti gli altri, vengono pagati dallo stato, cioè da tutti noi, la beffa è veramente completa.

Ma se la beffa è completa, per il Partito Umanista la misura ormai è colma. Lo stato italiano non è uno stato laico, ma ormai è totalmente sotto il giogo e il ricatto dei vertici clericali. La presenza di soggetti politici, non solo a destra, completamente subordinati ai voleri del “Papa-Re” è diventata ingombrante.

Anche la proposta che fa Prodi di differenziare le attività al servizio della collettività, che non andrebbero tassate, da quelle con fini commerciali, che invece dovrebbero continuare a pagare l’ICI, non ci convince. Il favoritismo nei confronti della chiesa rimane tutto: perché non detassiamo allora tutte le attività al servizio della collettività, invece di farlo solo per quelle cattoliche?

La subalternità della classe politica attuale nei confronti dell’arroganza vaticana è ormai insopportabile. Questo sentimento ormai è un sentire comune. Per dimostrarlo basterebbe fare una semplice domanda ai cittadini che ogni giorno devono fare i conti con tasse e bollette. Questa:
Senato della Repubblica italiana - 5 ottobre 2005
Passa una legge secondo la quale,
mentre tu continuerai a pagare l’ICI,
la chiesa non la pagherà più.
Tu sei d’accordo?

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