Roma, 16 novembre 2010

C’è qualcosa di molto indecoroso nell’atteggiamento della persona che la maggioranza dei cittadini italiani, che hanno votato alle ultime elezioni, hanno scelto come capo del governo. Berlusconi si sta letteralmente aggrappando a tutto pur di rimanere incollato a quella poltrona per il maggior tempo possibile.
Dal punto di vista politico c’è una distanza abissale tra ciò che rappresentiamo noi e ciò che rappresentano Berlusconi e tutti coloro che lo sostengono. Ma non si tratta solo di una questione politica.
Il comportamento di Berlusconi evoca uno stile di vita che non condividiamo; uno stile di vita che già storicamente ha dimostrato mille e più volte di essere in grado di generare solo sofferenza attorno a sé. Uno stile di vita di cui Berlusconi è solo uno dei rappresentanti più in vista e, al contempo, più grossolani. Citiamo qui il presidente del consiglio solo come esempio, consapevoli del fatto che esistono altri personaggi meno in vista e più raffinati e forse, proprio per questo, anche più pericolosi.   

Ad un primo sguardo ciò che sembra dettare le regole dell’atteggiamento cosiddetto “berlusconiano” è l’individualismo che, prima o poi, dirige la vita verso una lotta sfrenata per il successo a tutti i costi, in cui l’unica legge che conta è quella del più forte. La legge del più forte è una legge molto antica che ha assunto svariate forme a seconda del momento storico. Berlusconi, da questo punto di vista, si è adeguato bene al momento attuale: chi detiene il potere non ha più bisogno, come nel secolo scorso, di instaurare un regime dittatoriale basato sulla violenza fisica, ma ha perfezionato a tal punto i propri metodi da indurre la maggioranza della popolazione, non a reprimere il proprio scontento, ma, rispettando formalmente la libertà di pensiero e di parola, a lamentarsi quasi esclusivamente di aspetti secondari della condizione in cui è costretta a vivere.
Non è più, quindi, la globalità del sistema ad essere oggetto di critica, ma gli aspetti secondari che, proprio in quanto tali, non interessano grandi insiemi umani, ma gli interessi sempre più particolari di piccoli insiemi o addirittura di singoli individui isolati.
Ecco che in questo modo l’individualismo diventa uno dei perni principali di uno stile di vita generalizzato: i gruppi umani tendono a frammentarsi e i singoli individui, logicamente più deboli, diventano facili prede di strutture, concentrate in poche mani, che producono beni e intrattenimento collettivo. E sappiamo bene, in Italia, di chi sono quelle poche mani: guarda caso di Silvio Berlusconi e di pochi altri.          

A questo punto, approfondendo lo sguardo, emerge un altro punto cardine dello stile di vita berlusconiano: l’illusione. La grande illusione di cui stiamo parlando è quella che porta un individuo a credere di essere in una condizione che però è impossibile per un essere umano: quella di poter vivere isolato dagli altri. L’illusione di Berlusconi, e di tutti coloro che hanno abbracciato questo stile di vita, è che isolare se stessi da tutti gli altri, senza tener conto del fatto che le proprie azioni hanno necessariamente delle conseguenze sugli altri, permetta di vivere in piena libertà.
In questo modo, però, si vive costantemente sotto l’egida di una permanente negazione: tutta la vita si basa sulla negazione del fatto che, senza alcun dubbio, ogni situazione in cui ci troviamo è sempre costruita sul rapporto con gli altri.
Questa negazione comporta enormi difficoltà: quella che poteva sembrare libertà si rivela invece essere una prigione. In altre parole, se la situazione in cui ci si trova ha bisogno di essere cambiata,  nulla può essere realmente cambiato se non si tiene conto del rapporto con gli altri su cui è stata costruita, appunto, quella situazione. E se non si può cambiare quando ce n’è invece bisogno, si sta vivendo una condizione molto simile a quella di un prigioniero dai movimenti molto limitati.    
Ma in che consiste questa prigione?

Per tener conto veramente degli altri bisogna considerare l’umanità degli altri. Ecco, allora, che fa capolino un altro elemento fondamentale dello stile di vita dell’attuale capo del governo: la reificazione. L’illusione che la propria felicità sia direttamente proporzionale al proprio isolamento comporta obbligatoriamente il non considerare l’umanità degli altri, i quali, invece, diventano semplicemente delle cose. Ecco che il popolo viene ridotto ad essere semplicemente il “pubblico”, il governo diventa solo “amministrazione” e il paese diventa una “azienda”, all’interno della quale ogni cittadino viene considerato come un oggetto soggiogato dalle stesse leggi di mercato alle quali rispondono gli oggetti che produce con il suo lavoro.

In cosa si traduce tutto questo? In violenza. Ogni volta che un essere umano viene considerato come un oggetto si sta producendo violenza. Ma non è solo una violenza che viene esercitata nei confronti degli altri, ma anche verso se stessi. La reificazione non tocca solo gli altri, ma anche chi la pratica.

A cosa si è ridotto, infatti, Silvio Berlusconi? A rimanere attaccato come una piovra ad una poltrona. Ad inseguire il successo ad ogni costo. A fare il buffone pur di divertire coloro che non ha mai voluto considerare “popolo” ma solo “pubblico”. Ad essere prigioniero di una falsa libertà.
A perdere, in ultima analisi, gran parte della propria umanità; quella stessa umanità che ha tentato per tutta la vita di non vedere negli altri.

Ovviamente Berlusconi non è il solo rappresentante dello stile di vita qui delineato e la critica è rivolta a tutti coloro che, in nome dell’egoismo e dell’individualismo, ci propinano quotidianamente dosi di violenza attraverso la favola della deregulation, della liberalizzazione dei mercati e della decentralizzazione, allo scopo, invece, di concentrare in poche mani un potere di dimensioni enormi.

Ciò che infine ci preme sottolineare è la necessità di cambiare strada, in politica come negli altri campi di espressione umana. Di fronte allo sfacelo determinato da stili di vita basati sull’individualismo, l’illusione e la reificazione, rivendichiamo il primato dell’essere umano come valore centrale e la necessità di proporre anche in politica due cose molto semplici:
la coerenza tra il pensare, il sentire e l’agire;
trattare gli altri come desideriamo essere trattati.

Tutti coloro che sono abituati alle complicazioni giudicheranno queste due proposte come delle banali ingenuità. A costoro rispondiamo: proviamo ad applicarle. Proviamoci seriamente e forse vedremo che non sono poi così banali ed ingenue. Vedremo che non solo non sarà facile applicarle, ma non sarà semplice nemmeno solo aspirare ad esse, perché dietro la loro apparente ingenuità c’è il senso della vita sia personale che sociale. Una vita personale e sociale che potranno prendere la strada dell’ulteriore disintegrazione oppure finalmente quella della vera evoluzione.
Sta a noi, almeno per una volta, scegliere, invece di farci scegliere per l’ennesima volta.   


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