Torino, 12 gennaio 2011
Dopo Pomigliano, anche Mirafiori dovrà votare il referendum capestro, vero e proprio ricatto della dirigenza ai lavoratori: o si fa come diciamo noi oppure chiudiamo tutto e delocalizziamo, complici la maggioranza dei sindacati, a parte la FIOM ed i sindacati di base.
Nel dettaglio il documento Fiat contiene una serie di proposte irricevibili:
- Spostamento a fine turno della pausa mensa, il che, eliminando la possibilità di riposarsi durante il turno, aumenta il rischio di malattie;
- Riduzione delle pause da 40 minuti a 30 minuti, con monetizzazione dei 10 minuti tagliati, il che aumenta ulteriormente il rischio di patologie;
- Per contrastare forme anomale di assenteismo, quando la percentuale sia significativamente superiore alla media, Fiat non pagherà la quota di indennità malattia a carico aziendale; chi andrà ai seggi elettorali come rappresentante di lista non sarà pagato dall’azienda e non avrà diritto a riposi. In questi casi, invece di applicare ciò che è già previsto nei contratti, si preferisce colpire alcuni diritti fondamentali, come gli obblighi in materia di indennità di malattia e permessi elettorali;
- La violazione, da parte del singolo lavoratore, di una delle condizioni contenute nell’accordo costituisce infrazione disciplinare da sanzionare, secondo gradualità, in base agli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari e ai licenziamenti per mancanze. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che il diritto individuale di aderire a uno sciopero, sancito dall’Art. 40 della Costituzione, diviene oggetto di provvedimento disciplinare fino al licenziamento.
Quasi tutti sono saliti sul carro del ricattatore. Addirittura il premier Berlusconi tifa per Marchionne, dando ragione alla delirante minaccia di spostare tutto all'estero
Ma non finisce qui. L’attacco è molto più violento e accerchiante. Dopo la proposta di sospensione dell’articolo 41 della Costituzione da parte di Tremonti, anche l'Antitrust vede con favore la modifica dell'articolo 41 e dell'articolo 118 della Costituzione per favorire una maggiore libertà economica, per favorire “l'iniezione di dosi massicce di concorrenza” come antidoto alla crisi perché, sempre secondo l’Antitrust, il paese non può più “pagare il prezzo di politiche anticompetitive”.
Il disegno è chiaro: smantellare i diritti acquisiti con anni di lotte da parte dei lavoratori per ritornare indietro, ai tempi in cui chi deteneva il potere economico dettava legge.
Il Partito Umanista denuncia con forza la violenza che la grande finanza, le forze politiche neoliberiste di qualsiasi colore e la maggioranza dei sindacati stanno praticando nei confronti dei diritti fondamentali, non solo dei lavoratori, ma di tutti i cittadini.
Tutte le forze veramente progressiste si stanno mobilitando per contrastare questa violenza e auspichiamo che la lotta prenda la direzione di una nuova fase di autodeterminazione dei lavoratori, al fine di arrivare ad una compartecipazione dei lavoratori stessi alla gestione delle aziende in cui lavorano. Solo andando verso questa direzione il lavoro acquisterà la priorità che deve avere nei confronti del grande capitale, il quale è il responsabile principale della grave crisi economica che stiamo vivendo. Crisi dalla quale il grande capitale vorrebbe uscire riproponendo vecchie formule antidemocratiche che, assicurando sempre più spazio alla speculazione finanziaria, non faranno altro che aggravare la situazione.
Noi non ci stiamo. Tornare indietro non si può.
PARTITO UMANISTA