La presunta riforma della giustizia approvata dal consiglio dei ministri non esiste. Non esiste, non solo perché sarebbe, semmai, una contro-riforma, ma soprattutto perché rappresenta soltanto uno specchietto per le allodole, un’ennesima illusione berlusconiana che ha l’unico scopo di distrarre gli italiani.
Lo stesso presunto scontro tra governo e magistratura è una vera e propria farsa, perché ciò che risulta evidente, facendo le dovute eccezioni, è la persistenza di un sistema di connivenze tra la politica e la giustizia, come sta a dimostrare la sostanziale impunità dei reati più gravi, perpetrati, non solo da Berlusconi, ma da molti personaggi di spicco del mondo politico e imprenditoriale.
Anche la maggior parte dell’attuale sedicente opposizione lo sa bene e usufruisce di tali connivenze. Al di là delle dichiarazioni di rito, anche molto infuocate, molti esponenti dell’attuale minoranza parlamentare hanno anch’essi i loro canali preferenziali attraverso i quali si alimentano le suddette connivenze tra politica e giustizia e si guardano bene dal metterle a rischio con proposte di reale riforma della giustizia.
In altre parole, dietro la facciata rappresentata da riforme che non verranno mai approvate e manifestazioni di protesta di politici e magistrati, esiste una quotidianità in cui domina un sistema politico-giudiziario che, mentre esercita senza scrupoli il proprio potere sulla stragrande maggioranza dei cittadini, mantiene in piedi un vero e proprio “stato parallelo” in cui la Costituzione non è mai esistita e mediante il quale viene garantita l’immunità e l’impunità di chi ne fa parte.
Come potrebbe essere spiegata altrimenti l’assoluta inazione nei confronti del problema rappresentato dall’estrema lunghezza della fase istruttoria dei processi e di quella dibattimentale, che genera una situazione di sostanziale ingiustizia e di violazione dei diritti umani, come emerge, tra l’altro, dalle frequenti condanne dell’Italia da parte della Corte internazionale di Strasburgo?
È un problema che dura da decenni eppure è sempre presente, aggravandosi ulteriormente di anno in anno. Non ci vuole molto a capire che l’unica vera riforma dovrebbe prevedere la trasformazione del sistema giudiziario da macchina burocratica in reale servizio al cittadino, con le stesse caratteristiche, di efficienza e di parità di condizioni di accesso, che connotano i servizi pubblici.
Dov’è tutto questo nella riforma sbandierata da Berlusconi e dal suo ministro-spalla Alfano? Dove sono i reali interessi dei cittadini? Quasi 5 anni per avere una sentenza civile e più di otto per una sentenza penale: di questo dovrebbe occuparsi una politica rivolta verso gli interessi della collettività.
Come dovrebbe occuparsi delle condizioni disumane in cui vivono i detenuti nella maggior parte delle carceri italiane, che hanno assunto sempre più le sembianze di istituti esclusivamente punitivi, anziché, come vorrebbe la Costituzione, di rieducazione e riabilitazione.
È con questo sistema di connivenze tra la politica e la giustizia, di cui usufruisce anche la criminalità organizzata, che alcuni magistrati e politici onesti hanno dovuto fare i conti, sacrificando, in alcuni casi, anche la propria vita.
La proposta di riforma di Berlusconi è figlia di questo sistema, l’ultimo atto di uno scontro tanto falso quanto spettacolare, messo in scena da interpreti di personaggi ben collaudati. Uno spettacolo che andrà avanti, però, solo fino a quando ci saranno spettatori.
E se un giorno il teatro rimanesse vuoto?
11 marzo 2011