Nonostante tutto Letizia Moratti è riuscita a far varare la sua riforma. Come i suoi predecessori, anche l'attuale ministro dell'Istruzione avrà il suo nome collegato all'ennesima riforma scolastica. Da oggi avremo anche la riforma Moratti. Il decreto che da il via libera alla riforma della scuola è stato approvato dal consiglio dei ministri e sta per essere approvato definitivamente dal Parlamento, nonostante il totale disaccordo di tutto il mondo scolastico, dai docenti agli studenti, e della grande maggioranza delle Regioni.

Proprio mentre stiamo scrivendo questo documento, 150mila persone, studenti delle scuole medie e universitarie, docenti, ricercatori, stanno manifestando a Roma contro la riforma Moratti della scuola e dell'università. Ma tutto questo non conta per la maggioranza parlamentare. Di conseguenza, per responsabilità solo e soltanto di una politica istituzionale sempre più sorda alle voci di chi dovrebbe rappresentare, ci aspettano tempi di estrema tensione sociale, come dimostrano anche gli scontri che si sono verificati intorno al Parlamento e a Palazzo Chigi. Una sordità che mette ancora una volta studenti e forze dell'ordine, tra cui ci sono sicuramente altri studenti e padri di studenti, gli uni contro gli altri, mentre dovrebbero stare tutti dalla stessa parte.

Un problema di democrazia

Il decreto che è stato approvato il 14 ottobre stabilisce le "norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione". Esso costituisce la seconda e ultima parte del nuovo sistema di istruzione disegnato dal ministro Moratti.

Eppure, appena un mese prima, sembrava che la riforma fosse stata bloccata. Il ministro doveva fare marcia indietro di fronte alla ferma opposizione di quasi tutte le Regioni: la sua attuazione non sarebbe partita prima del 2007. Ma, come già tutti sanno, Letizia Moratti è un ministro di un governo a cui poco interessa il parere dei cittadini, se non per rispondere ai sondaggi o per decidere chi debba essere il prossimo eliminato dal Grande Fratello. Per cui, con l'arroganza che lo contraddistingue, il consiglio dei ministri al gran completo decide che il parere della Conferenza Stato-Regioni non ha assolutamente valore, e vara il decreto. La sperimentazione, per chi vuole, potrà partire già dall'anno 2006.

Un primo fondamentale problema, quindi, è il livello infimo di democrazia formale che si è raggiunto in questo paese. Questo problema non è nato con l'attuale governo, ovviamente. Già i governi di centrosinistra che si sono succeduti dal 1996 al 2001 avevano dato prova di inusitata arroganza, approvando la riforma Berlinguer per la scuola e la riforma Zecchino per l'Università, che non erano gradite soprattutto alla maggioranza degli insegnanti e a tutti gli studenti. Come poteva essere da meno un governo Berlusconi in cui l'arroganza fa addirittura parte del patrimonio genetico?

Studenti di serie A e studenti di serie B

Ulteriori problemi scaturiscono dalla riforma in sé. Secondo il nuovo modello ci sono due diversi cicli di istruzione secondaria: i licei da una parte e la formazione professionale dall'altra. Con questa netta distinzione si creano tutti i presupposti affinché ci siano studenti di serie A e studenti si serie B.

Per quel che riguarda i licei, essi saranno otto: classico, scientifico, linguistico, artistico, scienze umane, tecnico, musicale ed economico. Ma non è finita, perché tre di questi licei avranno ulteriori specializzazioni. Gli indirizzi previsti per il liceo artistico saranno arti figurative, architettura, design, ambiente, audiovisivo, multimedia, scenografia; per il liceo economico lo studente potrà sbizzarrirsi tra gli indirizzi economico-aziendale ed economico-istituzionale; mentre chi sceglie il liceo tecnico avrà la possibilità di scegliere tra gli indirizzi meccanico, elettrico ed elettronico, informatico, grafico e della comunicazione, chimico e biochimico, sistema moda, agrario, costruzioni e territorio, trasporti. La frammentazione dell'educazione scolastica, a questo punto, ha raggiunto senza dubbi un livello tale da generare un totale stato confusionale negli studenti e nelle famiglie. Inoltre, come già sta succedendo nell'Università, i prossimi diplomati da questi licei saranno sempre più ultraspecializzati in un singolo indirizzo: saranno praticamente dei geni nel loro specifico, ma dei deficienti in tutto il resto.

Per quel che riguarda gli studenti di serie B, i ragazzi che si affidano alla formazione professionale potranno scegliere dei percorsi triennali, che daranno loro una qualifica professionale, e percorsi quadriennali, alla fine dei quali conseguiranno un diploma professionale. I profili professionali saranno individuati dalle singole Regioni a seconda delle esigenze del territorio. Quest'ultima norma potrebbe essere positiva, considerando le esigenze locali, ma ha anche il suo risvolto negativo: un ragazzo che vive in Basilicata, per esempio, e che amerebbe fare un determinato mestiere, ma ha la sfortuna di vivere in una Regione che non ha previsto la formazione per il profilo professionale corrispondente ai suoi sogni, che fa? Fa l'emigrante a 13 anni o rinuncia al suo sogno? Almeno il 25% dell'apprendimento dovrebbe svolgersi in contesti di lavoro. Ma la realtà è un'altra: aziende piccole e grandi avranno, a costo zero, un po' di mano d'opera in più per qualsiasi tipo di lavoro, anche quelle mansioni che non hanno niente a che fare con l'apprendimento. Altrimenti che serie B è.

Ma i problemi non sono finiti qui: sembra che questa riforma crei più problemi che soluzioni. Siccome le iscrizioni partono a gennaio 2006, chi si iscrive a Ragioneria, per esempio, quando entrerà in vigore la legge che non prevede più questo indirizzo, che farà?  Non c'è un solo accenno al finanziamento di questa riforma: da dove vengono le risorse finanziarie necessarie? Finora ad un diploma corrispondeva una professione; ora non è più così e la riforma non spiega come sarà. Il caos che regnerà nel futuro della scuola delineato da donna Letizia sarà epocale, senza precedenti, e in questo senso il suo ingresso nella storia è senza dubbi assicurato.

Problemi "elementari"

Ai problemi del secondo ciclo di studi si aggiungono quelli creati per il primo ciclo, le scuole elementari. Il decreto Moratti, tanto per fare un esempio, ha deliberato che le ore di lezione debbano essere ridotte: da 30 a 27 nel tempo normale, da 35 a 30 nel tempo pieno. In pratica quello che prima era il tempo normale (30 ore) diventa oggi il tempo pieno. Magie di questo governo. Con quale risultato? Con il risultato che il numero degli insegnanti elementari potrebbe ridursi anche del 10%, a meno che le famiglie non scelgano di far frequentare a propri figli le tre ore settimanali facoltative in più, che si possono aggiungere alle 27 obbligatorie. Assisteremo alla scena pietosa dell'insegnante che, per non perdere il posto di lavoro, cercherà di convincere le madri dei bambini che le 3 ore in più sono assolutamente essenziali per la loro educazione?

Il ministro manager

La confusione regna ormai sovrana nel mondo della scuola. Ma è una confusione solo apparente, dietro la quale ci sono disegni molto precisi. D'altronde che cosa ci si poteva aspettare da un ministro come la Moratti. La Letizia in realtà è uno dei più noti imprenditori europei, che negli ultimi 25 anni si è dedicata ad attività internazionali nel campo finanziario, assicurativo, del "risk management", dei servizi di comunicazione e nel settore dei nuovi media. Prima di assumere l'attuale incarico ministeriale è stata Presidente di Syntek Capital Group, società d'investimenti europea nel settore della telecomunicazione e media, della quale resta oggi il maggiore azionista e Chairman dell'Advisory Board. Ancor prima, come Presidente e Amministratore Delegato della News Corp Europe, ha realizzato, tra il novembre 1998 e il settembre 1999, il piano di espansione in Europa delle attività del gruppo guidato da Rupert Murdoch. Ovviamente, come ogni riccone che si rispetti, Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti partecipa a numerose attività umanitarie e di assistenza sociale. Con un ministro che ha una biografia e delle competenze di questo genere, c'è ancora qualcuno che si meraviglia come mai l'Istruzione dei giovani di questo paese non è mai stata così in pericolo come lo è adesso?

I precedenti: il processo di Bologna e la riforma Zecchino

Saremmo però degli ingenui se volessimo dare tutte le responsabilità al ministro-manager. I problemi nascono da più lontano e possono essere compresi solo considerando il sistema educativo nel suo insieme, dalle scuole elementari all'Università.
Nel 1999, dopo due anni di preparazione dell'opinione pubblica a quella che viene presentata come la riforma che deve stravolgere il sistema universitario, 29 ministri europei dell'Educazione si riuniscono a Bologna per dar vita ad un processo di riforma a carattere europeo che si propone di realizzare entro il 2010 uno Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore. All'interno di questo spazio gli studenti europei potranno muoversi solo se la didattica verrà ristrutturata: creazione di percorsi flessibili, introduzione del sistema dei crediti e divisione dei sistemi universitari in lauree di base e lauree specialistiche.

Da qui scaturisce la riforma Zecchino, in pieno governo di centrosinistra: sistema del 3+2, crediti formativi e autonomia didattica. Quest'ultima viene introdotta ufficialmente con la motivazione di liberare le università da vincoli burocratici e di favorire l'adeguamento dei corsi di studio all'evoluzione della domanda sociale di formazione e alle innovazioni del sistema produttivo.

In realtà l'autonomia viene introdotta soprattutto per rispondere alle esigenze imprenditoriali locali, senza contare il fatto che la riforma del governo di centrosinistra ha portato un aumento della selezione e dei numeri chiusi, una frammentazione sempre maggiore dei percorsi didattici, una dequalificazione dell'offerta formativa, un aumento vertiginoso dei ritmi di studio (più di dieci esami in un anno) e una sempre maggiore compressione dei tempi e degli spazi universitari.

Non solo: il mercato europeo ha bisogno di mano d'opera flessibile e mobile, ed è quindi necessario che l'istruzione venga standardizzata in tutto il continente. Le multinazionali lo esigono. I ministri si adeguano. L'Istruzione europea e italiana deve cambiare sistema.

Moratti-time: l'ultima tappa, poi lo sfacelo

Qui si chiude il cerchio: chi può gestire meglio di un manager che maneggia grandi capitali, come l'attuale ministro, lo sviluppo dell'Istruzione nel senso già indicato qualche anno prima? Non a caso sono stati anche unificati i ministeri dell'Istruzione e dell'Università e Ricerca, per controllare meglio che tutto vada secondo i piani. Anzi, ha pensato la Letizia, si può fare ancora meglio: dopo il 3+2 di Zecchino, passiamo all'1+1+2, cioè la cosiddetta Y rovesciata, con corsi comuni di base di un anno, seguiti poi da una selezione con la diramazione nei due percorsi, uno professionalizzante e uno metodologico. A seguire è prevista un'ulteriore selezione per l'ingresso alle lauree specialistiche (Lauree Magistralis), riservate soltanto a studenti "eccellenti" in possesso di requisiti curriculari e di una preparazione personale verificata dagli atenei.

Inoltre vengono incentivati stages e tirocini presso imprese, amministrazioni pubbliche ed enti pubblici e privati. Con l'approvazione del ddl Moratti il processo di asservimento dell'università nei confronti delle aziende private, già iniziato con le due riforme precedenti, raggiunge il suo culmine con il ricorso sempre più massivo a finanziamenti da aziende private e con l'istituzione del docente a contratto, ossia un professionista già pagato da un'azienda, che percepirà un ulteriore stipendio da professore per curare gli interessi economici della propria società.

Come era del tutto prevedibile, nonostante tutto questo grande agitarsi sul palcoscenico politico-mediatico, dopo 6 anni dalla pubblicazione del Libro Arancione da parte del Partito Umanista, i problemi individuati nelle sezioni di questo libro dedicate alla Scuola e all'Università sono rimasti totalmente irrisolti. Anzi, con l'avvento del governo di centrodestra, alcune tendenze negative hanno subito negli ultimi 3 anni una notevole accelerazione e al momento attuale la strada che minaccia il diritto fondamentale allo studio appare decisamente in discesa.

La scuola umanista


Per quel che riguarda la scuola, essa si va sempre più uniformando al modello pragmatico, competitivo e privatizzante del sistema in cui viviamo. Un modello uniformante combattuto da anni di lotta e di ricerca educativa, specialmente in Italia. Questo modello porta avanti la liquidazione della scuola pubblica, e man mano che si avvicendano i diversi governi, che sembrano fare a gara tra loro per smantellare l'istruzione pubblica, potrà studiare e formarsi soltanto chi avrà i soldi per farlo e agli altri resterà una scuola pubblica ridotta all'osso, inefficiente e di basso livello qualitativo e formativo. Per cui non possiamo fare altro che ribadire con più forza le proposte del Partito Umanista che già sei anni fa furono pubblicate nel Libro Arancione.

La scuola deve essere gratuita e per tutti
  • Aumento dei fondi destinati all'istruzione.
  • Attivazione di strumenti e fondi tesi alla realizzazione della gratuità effettiva della scuola per lo meno nel periodo dell'obbligo scolastico; libri e materiale scolastico di base gratuito; finanziamento a cooperative e società compartecipate che producano libri di interesse sociale e culturale a basso costo, ecc.
  • Abolizione delle tasse scolastiche.
  • Nessun sostegno economico alla scuola privata, né diretto né indiretto.
  • Potenziamento dei servizi per l'infanzia, con esaurimento delle liste d'attesa negli asili nido e nelle scuole materne. Ampliamento dei posti fino a soddisfare tutta la domanda e capillare diffusione della scuola pubblica per l'infanzia in tutto il paese, con livelli qualitativi omogenei.

La scuola deve essere di buon livello
  • Riduzione del numero di allievi per classe (massimo 15) e conseguente aumento del personale docente.
  • Garanzia dell'autonomia scolastica basata sul concetto di uguali risorse per tutti e del decentramento delle stesse sul territorio ai vari Enti (direzioni didattiche, regioni, comuni, quartieri, associazioni di base, comitati di genitori, ecc.).
  • Ristrutturazione del sistema di formazione, con inserimento dell'anno sabbatico di studio per ogni grado dell'insegnamento.
  • Riforma dei programmi di ogni ordine nel senso di: attualizzazione, relazione con l'ambiente sociale circostante, apertura alla diversità culturale, valorizzazione della soggettività.

L'insegnamento va considerato come attività del più alto valore sociale
  • Riqualificazione del personale docente, aumento e ridefinizione degli stipendi in funzione del criterio di responsabilità sociale.
  • Eliminazione di tutte le norme che limitino di fatto la libertà d'insegnamento, di sperimentazione e di organizzazione del lavoro.

La scuola deve integrare le diversità
  • Potenziamento del sostegno attraverso il numero di insegnanti (uno per ogni classe con alunni portatori di handicap), corsi di aggiornamento per temi specifici, corsi di laurea e tirocinio nelle classi.
  • Creazione della figura dell'insegnante di appoggio socio-culturale, la cui funzione sarà quella di sviluppare e integrare le diversità cultuali presenti all'interno delle classi.

L'educazione deve essere permanente
  • L'investimento dello Stato nell'educazione dei suoi cittadini deve partire dalla loro nascita e continuare per tutta la vita.
  • Centri di educazione permanente per permettere sia a livello personale che sociale, lo sviluppo dell'educazione di ogni essere umano.

Facoltà umaniste

Anche per quel che riguarda l'Università, le proposte umaniste non solo sono ancora più attuali, alla luce degli ultimi stravolgimenti morattiani, ma assumono oltretutto carattere d'urgenza. Esse sono:
  • Abrogazione di tutte le riforme finora approvate, a partire dalla riforma Zecchino.
  • Aumento dei finanziamenti dello Stato alle università. I fondi pubblici ci sono, ma vengono spesi in direzioni sbagliate: per esempio in armamenti e per finanziare una missione fatta con l'unico scopo di difendere gli interessi economici dei grandi gruppi petroliferi italiani, come l'ENI; una missione che chiamano "di Pace" ma che ha portato morte e distruzione in un paese già in ginocchio da anni di dittatura ed embarghi.
  • Abolizione del numero programmato. È diventata ormai indigesta la falsa motivazione con cui si giustifica il numero chiuso, definendolo uno strumento necessario a causa della scarsità di aule ed insegnanti. Una menzogna inaccettabile che porta ad una squallida competizione fra studenti, facendo credere loro che sono troppo numerosi.
  • Diminuzione progressiva delle tasse, fino alla gratuità entro dieci anni; trasparenza sui bilanci e sulle decisioni prese. Esigiamo inoltre l'abbattimento dei costi dei libri di testo e l'eliminazione del copyright dal materiale didattico, perché la cultura non può avere bollini o limitazioni, la cultura è di tutti e non può avere recinti.
  • Introduzione di norme specifiche per studenti lavoratori, disabili, stranieri, per garantire a tutti uguali possibilità. Con l'introduzione e l'attivazione, inoltre, di un maggior numero di corsi che garantiscano un bagaglio culturale più eterogeneo, che non sia esclusivamente di stampo occidentale.
  • Norme per regolamentare e agevolare gli affitti di case a studenti.
  • Informatizzazione e ampliamento delle biblioteche (per garantire la possibilità' di studiare senza ulteriori costi).
  • Apertura degli organi decisionali anche a tutti gli studenti regolarmente iscritti e al personale non docente, con relativo diritto di voto.
  • Limite massimo di 100 studenti a docente, e rapporto docente+collaboratori/studenti di 1 a 20.
  • Introduzione di test di valutazione sull'operato dei docenti. Questa possibilità è stata introdotta solo in maniera platonica ed inefficace dal ddl Moratti, potendo essere formalmente richiesta solo dal docente stesso; si propone, inoltre, la sperimentazione di una didattica autogestita.
  • Ufficio informativo facilmente accessibile su: domanda/offerta nel mondo del lavoro.
  • Abolizione degli albi professionale e degli esami di stato.
  • Aumento dei finanziamenti stanziati per la ricerca pura (o di base) e per la ricerca in generale e trasparenza nella gestione dei fondi stanziati per la ricerca.

Per concludere..

La voce degli studenti è molto chiara: "Vogliamo sviluppare un sapere critico e non nozionistico, eterogeneo nei punti di vista, che insegni a relazionare dati e che tenga conto delle virtù e delle aspirazioni più profonde di ognuno". Gli studenti sono il futuro dei popoli: il loro sviluppo, lo sviluppo della salute, dell'istruzione e il miglioramento della qualità della vita dipende da loro. Dunque nessuna variabile "macroeconomica" deve stare al di sopra del diritto allo studio, poiché non rappresenta una spesa ma un investimento.

In collaborazione con il Movimento Studentesco Umanista "I Corvi"
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