Le accuse sono le stesse che muove Israele: la Siria darebbe ospitalità a terroristi pericolosi, non controlla le proprie frontiere agevolando l'attività criminale di questi ultimi, detiene armi di distruzione di massa e non agevola i controlli internazionali sulle stesse, non rispetta i diritti umani degli oppositori politici interni e usa violenza alla minoranza curda del Paese.
Sembra di rileggere le imputazioni mosse a suo tempo all'Iraq di Saddam Hussein 1, basate sulla logica che rifiuta di applicare a se stessi i criteri di giudizio che si applicano agli altri. Due esempi per tutti: gli Stati Uniti offrono rifugio a noti terroristi come Orlando Bosch, accusato dall'FBI di decine di atti terroristici ed Emmanuel Costant, le cui richieste di estradizione da parte di Haiti sono sempre state ignorate, possiedono un immenso arsenale di armi nucleari, chimiche e biologiche; in quanto alla violazione dei diritti umani, come definire la prigione di Guantamano, con le sue gabbie dove centinaia di persone sono rinchiuse per anni senza prove?
Storia recente delle tensioni tra Usa e Siria
2 settembre 2004 - Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approva, a stretta maggioranza e con l'astensione di Cina e Russia, la risoluzione 1559, proposta da Usa e Francia. La risoluzione recita: "Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiede che tutte le rimanenti forze militari straniere presenti in Libano abbandonino il Paese, chiede il disarmo e lo scioglimento delle milizie libanesi e straniere presenti in Libano.." ed è destinata, implicitamente, alla Siria, che è l'unico stato che mantiene truppe in Libano. La loro presenza è stata sancita con l'Accordo di Ta'if del 1989 che codifica un trattato di fraternità, cooperazione e coordinamento tra Siria e Libano.
26 aprile 2005 - La Siria completa il ritiro delle proprie truppe dal Libano.
Ottobre 2005 - Continuano le pressioni degli Usa su Damasco perché tolga ogni appoggio alla resistenza palestinese, libanese e irachena e rinunci per sempre al Golan, occupato da Israele 2. Coperti dalla risoluzione 1559 dell'Onu, gli Usa pretendono il disarmo dei campi profughi e della resistenza islamica libanese, gli Hezbollah, che controllano la periferia sud di Beirut e gran parte del sud del paese. I primi dovrebbero essere disarmati per poter poi essere distrutti, negando per sempre ai palestinesi il diritto al ritorno; i secondi perché pretendono la restituzione al Libano delle «Fattorie di Cheba» ancora occupate da Israele, e soprattutto perché sono contrari ad un trattato di pace separato con Israele prima del ritiro dello stato ebraico dai territori occupati palestinesi, libanesi e siriani (il Golan).
20 ottobre 2005 - Presentazione all'ONU del rapporto Mehlis; si tratta di un rapporto della Commissione Onu presieduta dal giudice tedesco antiterrorismo Detlev Mehlis sull'uccisione dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, avvenuta lo scorso 14 febbraio a Beirut. Nel rapporto, Mehlis sostiene la tesi di un coinvolgimento siriano nel complotto contro la vita di Hariri, senza portare in realtà alcuna prova convincente. Bush dichiara: «La Siria e i suoi leader devono essere ritenuti responsabili per il loro continuo sostegno al terrorismo, compreso un coinvolgimento nell'omicidio di Hariri». Per questo, ha continuato Bush, "l'ONU deve agire".
25 ottobre 2005 - George Bush chiede alle Nazioni unite di imporre sanzioni contro la Siria per un presunto coinvolgimento di Damasco nell'uccisione dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, e per il sostegno che la Siria darebbe alla resistenza irachena, a quella libanese degli Hezbollah e ai gruppi palestinesi che hanno i loro uffici a Damasco e non esclude - anche se come ultima carta - il ricorso all'uso della forza. Contro il possibile varo di sanzioni si pronunciano però Russia e Cina (paesi con diritto di veto) e il governo algerino. Ma Bush non si ferma e chiede una riunione del Consiglio di Sicurezza a livello di ministri degli esteri (e non di ambasciatori all'ONU, come avviene di solito), per condannare solennemente Damasco.
31 ottobre 2005 - Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adotta la risoluzione 1636. Nel testo si chiede al governo siriano di cooperare "in modo incondizionato" con gli ispettori delle Nazioni Unite e di arrestare e consegnare loro ogni individuo sospettato di essere coinvolto nell'omicidio di Hariri. La risoluzione è meno dura di quanto chiedevano i promotori: non si fa alcun riferimento alla possibilità di applicare sanzioni economiche e diplomatiche qualora Damasco non "assicuri piena cooperazione" alla commissione che indaga sull'assassinio di Hariri La risoluzione prevede "se necessario, il ricorso a ulteriori azioni" in caso di mancata cooperazione delle autorità siriane con Mehlis. "Abbiamo presentato le nostre giuste istanze al governo siriano e detto chiaramente che una mancata cooperazione implicherà serie conseguenze da parte della comunità internazionale" ha detto la Rice. Damasco ha chiesto la convocazione di un summit della lega araba. Pur ribadendo che il suo paese coopererà con l'inchiesta internazionale, il ministro degli esteri siriano ha accusato l'ONU di aver approvato una risoluzione che non prende in considerazione la presunzione d'innocenza.
L'impero e il possibile scenario futuro
Il progetto imperiale statunitense è già fallito, benché l'amministrazione Bush non mostri di accorgersene. Un impero può formarsi e prosperare in virtù del fatto che i paesi assoggettati aderiscano al modello proposto dal paese egemone; invece, oggi, gli Usa sono il paese più odiato al mondo; addirittura l'unico, finora, che abbia subito una condanna per terrorismo dalla Corte Internazionale dell'Aja. L'uso sistematico della brutalità ha generato l'effetto contrario a quello sperato: il modello di società mondiale prospettato dagli Usa è rifiutato dai popoli di tutte le latitudini, ogni giorno con più forza.
Purtroppo, nel loro goffo tentativo, gli Usa hanno creato un abisso tra culture che erano in un processo di avvicinamento, stavano cominciando a stabilire relazioni costruttive che avrebbero, forse, portato alla nascita della prima civiltà planetaria della storia. L'attacco frontale portato al mondo islamico, non solo ha interrotto tale processo, ma ha anche scatenato le ritorsioni terroristiche alla cui minaccia, oggi, sono esposte tutte le popolazioni che siano, o semplicemente appaiano, schierate al fianco degli invasori occidentali.
Le conseguenze di un'aggressione alla Siria e, successivamente, come pare probabile, all'Iran, sarebbero gravissime: altre centinaia di migliaia di morti, altri paesi devastati, altre enormi risorse sottratte allo sviluppo, il moltiplicarsi di attentati terroristici in tutti i paesi coinvolti, più o meno direttamente, nel conflitto. Ma non solo; possiamo forse escludere che un uso tanto arbitrario e generalizzato della forza inneschi la reazione di paesi che possiedono armamenti atomici? Verso quale scenario di catastrofe mondiale potremmo essere avviati? 3
Una sola via d'uscita: la rinuncia alla violenza
La direzione degli avvenimenti è drammaticamente distruttiva: la violenza genera altra violenza, in una spirale di cui si sta perdendo il controllo. Per invertire la rotta, è indispensabile rinunciare all'uso della violenza come chiave per la soluzione dei conflitti. Non ci riferiamo, qui, solo alla violenza militare o terroristica, ma anche a quella economica, la cui espressione più vistosa è costituita dall'applicazione di sanzioni per costringere un paese all'ubbidienza ma che include, anche, le catene dell'indebitamento e la rapina delle risorse naturali, effettuata sotto le spoglie di investimenti e aiuti allo sviluppo. Ancora, si dovrebbe farla finita con la violenza psicologica, che si avvale della manipolazione dell'informazione per mantenere le popolazioni nel ricatto, nel terrore, o per indirizzarne il disagio verso l'individuazione di falsi nemici e di false soluzioni.
Usa - Siria: passi urgenti
Sia che si stia preparando un'altra guerra, sia che si stia tentando di destabilizzare e frantumare internamente la Siria per rovesciare il regime attuale provocando una guerra civile, denunciamo l'ingerenza degli Usa e dei loro alleati, Gran Bretagna e Francia, nella politica di un paese sovrano.
Allo stesso tempo, denunciamo l'intenzione degli Usa di allargare la propria egemonia sul mondo arabo attraverso il ricorso a minacce e coercizioni, tra le quali non si esclude la possibilità dell'utilizzo della forza militare.
L'organismo che può e deve intervenire per scongiurare il conflitto è l'ONU, a cui chiediamo che:
- non si pieghi ad assecondare ulteriormente i propositi degli USA verso la Siria (in questo senso, la risoluzione 1636 costituisce già una concessione eccessiva alle loro pretese);
- nella prospettiva di eventuali forzature da parte statunitense, opponga una resistenza ben più ferma di quella mostrata in occasione dell'invasione dell'Iraq;
- intervenga direttamente come mediatore per comporre il conflitto tra Siria e Israele;
- riconosca il diritto della Siria a riappropriarsi del Golan e induca Israele a ritirarsi dai territori che ancora occupa;
- induca la Siria a ritirare il sostegno che oggi sta dando alle fazioni che utilizzano le armi come strumento di lotta;
- assicuri ai profughi palestinesi la sistemazione cui hanno diritto.
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1 - Rileviamo come gli Usa rifiutino di applicare a se stessi i criteri di giudizio che applicano agli altri. Due esempi per tutti: gli Stati Uniti offrono rifugio a noti terroristi come Orlando Bosch, accusato dall'FBI di decine di atti terroristici ed Emmanuel Costant, le cui richieste di estradizione da parte di Haiti sono sempre state ignorate; possiedono un immenso arsenale di armi nucleari, chimiche e biologiche; in quanto alla violazione dei diritti umani, come definire la prigione di Guantamano, con le sue gabbie dove centinaia di persone sono rinchiuse per anni senza prove?
2 - La regione del Golan fu occupata da Israele durante la guerra dei sei giorni, nel 1967. Per Israele, il possesso di queste alture è vitale per la sua sicurezza. Dal 1948 al 1967, il Golan fu la base per attacchi di artiglieria dell'esercito siriano e per le incursioni di guerriglieri palestinesi. Coscienti del vantaggio che il possesso dell'altopiano poteva garantire, durante il conflitto del giugno 1967 i vertici militari israeliani ne decisero l'occupazione, che avrebbe mutato i rapporti di forza nella regione. Dall'altopiano si tiene sotto controllo Damasco, distante poche decine di chilometri. Le alture, inoltre, offrono a Israele un vantaggio strategico anche nei confronti di Libano e Giordania, con cui l'altopiano confina rispettivamente a nord e a sud. Per Israele si potevano evacuare Cisgiordania e Gaza ma non il Golan, che rappresenta la priorità assoluta per la sicurezza nazionale. Un altro motivo per cui le alture sono tanto contese concerne la ricchezza di sorgenti idriche, la risorsa che in Medio Oriente vale quanto il petrolio per gli occidentali. L'altopiano domina il lago di Tiberiade ed è attraversato da parecchie sorgenti che alimentano il fiume Giordano. Questa è una ragione ulteriore per cui Gerusalemme e Damasco tengono così tanto a tale territorio. La valenza strategica del Golan è confermata dal fatto che Israele, a differenza di Cisgiordania e Gaza che hanno lo status di territori occupati, si è annesso il Golan nel 1981, con una risoluzione votata dal parlamento. Ciò complica ancora la questione giacché, essendo adesso parte integrante dello Stato d'Israele, la decisione di rinunciarvi può essere legittimata solo in seguito a un referendum popolare.
3 - Le prospettive sono ancora più inquietanti, se ricordiamo che gli Stati Uniti continuano a sostenere il proprio diritto di usare per primi le armi nucleari, anche contro potenze non nucleari.
Bibliografia: Il Manifesto