Intervento di Anna Polo all'European Citizens' Convention 2005 di Genova come rappresentante della Commissione Pace e Non violenza della Regionale Umanista Europea.

Vorrei partire da una domanda molto precisa: che cosa può e deve fare l'Europa per avanzare nella direzione della risoluzione nonviolenta dei conflitti e nell'affermazione della pace come diritto umano fondamentale di popoli e individui?

Purtroppo l'attuale politica europea dimostra una tendenza opposta, con un ruolo più subordinato che alternativo all'aggressiva politica degli Stati Uniti. Gli enormi interessi economici in gioco (diversi paesi europei sono tra i maggiori produttori ed esportatori di armi) costituiscono un ulteriore freno a una politica nuova e diversa.

Vista la vastità dell'argomento, mi propongo di toccare alcuni temi che mi sembrano di particolare importanza. Per ognuno cercherò di fornire alcuni dati informativi e di avanzare delle proposte.

1 - alcuni conflitti rappresentativi per il ruolo in essi giocato dall'Europa o per quello che l'Europa potrebbe fare;
2 - le armi;
3 - il testo della Costituzione Europea sottoposto a referendum nel 2005 e respinto da paesi importanti come la Francia e l'Olanda.

1 - Alcuni conflitti rappresentativi per il ruolo in essi giocato dall'Europa o per quello che l'Europa potrebbe fare

Osservando i dati sulla partecipazione di diversi paesi europei alle operazioni militari americane in Afghanistan e Iraq si possono fare le seguenti considerazioni. In genere molti paesi europei, ma non sempre gli stessi, sostengono le invasioni americane. Ad esempio la Germania ha mandato truppe in Afghanistan, ma non in Iraq. La Spagna ha ritirato i suoi soldati dall'Iraq, ma poi li ha mandati in Afghanistan, mentre l'Olanda, l'Italia e il Regno Unito hanno partecipato a entrambe le guerre. Il ritiro delle truppe dall'Iraq avviene senza un vero coordinamento, in date diverse per ogni paese e in genere è dovuto alla pressione dell'opinione pubblica contraria alla guerra. La presenza di truppe di molti paesi europei mostra comunque una chiara sottomissione alla politica americana e una crescente distanza tra le decisioni dei governi e le aspirazioni dei popoli, che negli ultimi anni hanno espresso il loro rifiuto della guerra con imponenti manifestazioni.

2 - Le armi

Passando al tema delle armi, bisogna innanzitutto ricordare che diversi paesi europei sono tra i principali produttori ed esportatori di armi. Ho distinto questo vasto argomento in tre settori (mine anti-uomo, leggere, nucleari), in ognuno dei quali l'Europa può rivestire un ruolo fondamentale.

Riguardo al primo, l'Europa dovrebbe porre l'obiettivo di un mondo libero dalle mine come punto fondamentale della propria politica comune.

Passi intermedi possono essere:
  • iniziative di pressione e coinvolgimento dei paesi che non hanno ancora aderito alla Convenzione di Ottawa, perché la sottoscrivano al più presto;
  • il finanziamento di interventi operativi quali bonifica, sminamento, prevenzione, assistenza e riabilitazione delle vittime delle mine;
  • l'inclusione delle bombe a grappolo negli ordigni proibiti dalla Convenzione di Ottawa.

Riguardo alle armi cosiddette leggere (definizione che suona ironica e si giustifica forse solo paragonando i loro effetti devastanti alle immani distruzioni provocate degli ordigni nucleari), prima di passare alle proposte vorrei fornire alcuni dati emblematici. Il mercato delle armi è in costante crescita e il 90% di queste armi viene prodotto dai cinque membri permanenti dell'Onu, Usa, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna. Questi stessi paesi controllano l'88% del mercato globale degli armamenti. I paesi industrializzati sono i principali esportatori di armi leggere e contribuiscono così a violare regolarmente i diritti umani e il diritto internazionale umanitario.

I paesi ricchi, che contano solo il 16% della popolazione della Terra, sono responsabili del 75% del totale delle spese militari mondiali. Nel 2003 le spese militari mondiali sono state pari a 956 miliardi di dollari, di cui quasi la metà impiegati dagli Stati Uniti. Nel 2004 a far impennare la spesa per gli armamenti nel mondo alla cifra record di 1.035 miliardi di dollari sono state le campagne di occupazione militare in Iraq e Afghanistan. La parte del leone spetta agli Usa, che da soli hanno speso il 47% della cifra totale, con oltre 450 miliardi di dollari. Seguono a distanza la Gran Bretagna con 47,4 miliardi, la Francia con 46,2, il Giappone con 42,4, la Cina con 35,4, la Germania con 33,9 e l'Italia con 27,4. Se il 10% delle spese militari fosse convogliato verso i fondi per lo sviluppo, i bisogni impellenti che attanagliano il mondo sarebbero soddisfatti.

Proposte
L'enorme responsabilità dell'Europa in questo campo è evidente, anche perché le ingenti risorse destinate alle armi vengono sottratte agli aiuti allo sviluppo nel Terzo Mondo e a un'efficace politica sociale in Occidente.

Ponendo come obiettivo finale un mondo senza guerre e senza armi, passi intermedi possono essere:

  • un trattato internazionale sul commercio delle armi, con controlli obbligatori sulle esportazioni, proibizione di esportare verso paesi dove si violano i diritti umani e standard comuni a tutti i governi;
  • un impegno dei governi a sviluppare e rafforzare i controlli sulle armi a livello locale, a esercitare una rigorosa supervisione, a livello nazionale, sulle esportazioni nazionali di armi e sulle attività dei fornitori e degli intermediari, a prevenire l'uso illegale delle armi da parte dei pubblici ufficiali e a proteggere i propri cittadini dalla violenza armata;
  • incentivi alla riconversione dell'industria bellica.

E veniamo all'ultimo punto, quello più drammatico: le armi nucleari. Secondo i dati ufficiali, gli Stati Uniti hanno ammesso di possedere 10.500 bombe, la Russia 20.000, la Gran Bretagna 185, la Francia 450 e la Cina 400. Gli Stati Uniti hanno dislocato bombe nelle varie basi americane in Europa: secondo l'ultimo rapporto del Natural Resources Defense Council, le armi nucleari americane in Europa sono 480, dislocate in otto basi aeree di sei paesi Nato: 150 in Germania, 20 in Belgio, 20 in Olanda, 110 in Gran Bretagna, 90 in Italia e 90 in Turchia. In altre quattro basi (in Germania, Grecia e Turchia) le armi sono state rimosse, ma potrebbero essere allocate nuovamente se ritenuto necessario. Le bombe sono assegnate ai paesi ospitanti e il lancio spetta alle forze aeree nazionali.

Proposte
L'obiettivo finale è quello di un disarmo nucleare globale e della totale eliminazione degli ordigni e degli arsenali nucleari.

Al mondo esistono già diverse Zone Libere da armi nucleari (Sudamerica, Sud Pacifico, Sud-est asiatico, Africa, Asia Centrale, Antartico, Asia Centrale). Paesi come la Mongolia e l'Austria si sono dichiarati zone libere e oltre cento stati hanno abolito le armi nucleari. L'Europa dovrebbe seguire questo esempio, tanto più che "vanta" al suo interno diverse potenze nucleari e fare della messa al bando delle armi nucleari uno dei punti qualificanti della sua politica.

Passi intermedi rispetto all'obiettivo finale possono essere:
  • la riprese dei negoziati per la messa al bando delle armi e degli esperimenti nucleari;
  • l'aggiornamento del Trattato di Non-Proliferazione Nucleare (NPT) in modo che vengano messi al bando anche l'uranio arricchito e il plutonio riprocessato, due dei principali "carburanti" degli ordigni atomici;
    la pressione su paesi come India, Pakistan e Israele, che attualmente non aderiscono all'NPT, perché sottoscrivano il trattato;
  • la definizione di un piano di disarmo, con scadenze per lo smantellamento e programmi per le verifiche e i controlli, con l'obbligo per le potenze nucleari di rispettarlo e l'affidamento all'ONU della responsabilità di vigilare sul rispetto del trattato e sulla applicazione di eventuali sanzioni.

3 - Il testo della Costituzione Europea sottoposto a referendum nel 2005 e respinto da paesi importanti come la Francia e l'Olanda

All'interno del testo lungo e complesso della Costituzione Europea si dedica un notevole spazio al tema della politica estera e della difesa comune. Esaminarlo in dettaglio non sarebbe possibile in questa sede, ma vorrei comunque esprimere le seguenti considerazioni: invece di ripudiare chiaramente la guerra come mezzo di risolvere i conflitti, questa Costituzione considera gli interventi militari come strumenti politici accettabili. Non promuove il disarmo, la riconversione dell'industria bellica e la ricerca del dialogo e di soluzioni diverse da quelle militari, ma anzi favorisce l'industria bellica e la ricerca per mettere a punto armi sempre più micidiali. Pur affermando la propria volontà di elaborare una politica di difesa comune e indipendente, si allinea di fatto alla politica militarista americana, con possibili, inquietanti conseguenze per la pace e il rispetto dei diritti umani nel mondo.

Questa Costituzione pertanto imbocca una strada opposta alla sensibilità di milioni di cittadini europei, che negli ultimi anni hanno espresso con chiarezza la propria opposizione alla guerra e a ogni forma di violenza. Come Commissione Pace e Nonviolenza della Regionale Umanista Europea abbiamo a suo tempo espresso il nostro dissenso rispetto all'impostazione di questa Costituzione, ma non certo nei riguardi di una Costituzione che possa contribuire all'unione e alla solidarietà tra i popoli d'Europa.

Una futura Costituzione dovrebbe esprimere con chiarezza il ripudio della guerra come mezzo per risolvere i conflitti internazionali e il riconoscimento della pace come diritto fondamentale di popoli e individui.

Tenendo conto di quanto espresso in precedenza riguardo alle armi, altre proposte per una nuova politica estera possono essere:
  • l'uscita dalla Nato, in quanto chiaro strumento della politica imperialista americana;
  • la definizione di una politica estera europea basata sulla ricerca della pace;
  • il ritiro di tutti gli eserciti invasori dai territori occupati;
  • la ricerca del dialogo e della mediazione diplomatica per risolvere i conflitti;
  • il disarmo progressivo;la riconversione dell'industria bellica;
  • la cancellazione del debito estero dei paesi poveri e la destinazione del 3% del PIL a interventi di aiuto allo sviluppo, a condizione che questi paesi utilizzino le risorse così ottenute nei campi della salute, dell'educazione e dell'ambiente;
  • il rispetto degli impegni presi verso il Global Fund per la lotta a malaria, tubercolosi e AIDS;
  • il cambio del nome dell'Agenzia Europea per la Difesa in Agenzia Europea per la Pace e il suo uso come strumento di coordinamento per appoggiare e applicare le risoluzioni dell'ONU;
  • la messa in moto di meccanismi di pressione, per assicurare il rispetto delle risoluzioni dell'ONU.

Anna Polo
Commissione Pace e Nonviolenza della Regionale Umanista Europea

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