Qualche giorno fa Oriana Fallaci ha ricevuto una medaglia d'oro dal Presidente Ciampi, proposta dal ministro Letizia Moratti, come 'benemerita della cultura'. Dopo tutto ciò che la Fallaci ha scritto negli ultimi quattro anni, a partire da "La rabbia e l'orgoglio" pubblicato dal Corriere della sera subito dopo l'11 settembre 2001, tale conferimento ci meraviglia e ci indigna allo stesso tempo. |
Probabilmente, in un futuro più o meno lontano, gli ultimi scritti di Oriana Fallaci saranno giudicati con lo stesso metro con cui oggi si giudica il "Mein Kampf" e ci si chiederà come sia stato possibile che una mente umana abbia potuto concepirli.
Una prima possibile spiegazione è che le ultime produzioni di Oriana Fallaci rappresentino in realtà un'operazione politico-commerciale, destinata a sanare i bilanci di alcune case editrici e a mantenere il tenore di vita della Fallaci, ben lontana dalla miseria che pure ha tentato di descrivere nei suoi libri. Un'operazione che serve inoltre a sostenere le linee politiche di determinati partiti, facendo apparire le critiche del movimento per la pace alla politica di Bush, come manifestazioni di odio verso l'America.
Ma evidentemente questa non può essere l'unica spiegazione. La Fallaci è una persona che abita ai piani alti, non solo di un grattacielo di Manhattan, ma della società. Da tale posizione privilegiata, attorniata da ricche collezioni e sicuramente molto preoccupata per le sue tenute miliardarie in Italia, vede e giudica le cose dal più classico dei punti di vista di una persona benestante. Lo stesso punto di vista di chi è convinto che altri modi di vedere non possano avere la stessa dignità culturale, e che il Sud del mondo è al massimo un'appendice, un ammasso di persone da aiutare solo perché restino eternamente subalterni.
Noi umanisti, che spesso camminiamo laddove sembra non esistere più né speranza nè futuro, possiamo assicurare che ciò che si vede dal piano terra, e non dall'alto di una ricca casa di New York, è ben diverso. È indubbio che il miliardario saudita che, si presume, ha ordinato di abbattere le torri gemelle è un terrorista, come lo è l'integralista fanatico che uccide se stesso e migliaia di persone o il giovane palestinese che si fa esplodere nel mezzo di un mercato o su un autobus.
Ma per altri, per coloro che abitano al piano terra, terrorista può essere anche il distinto uomo d'affari che nel paese povero di turno non porta una bomba, ma i progetti per la costruzione di una fabbrica chimica, talmente inquinante che mai potrebbe essere costruita in uno dei paesi ricchi da cui proviene; oppure i piani per la costruzione di una diga che richiede la deportazione di migliaia di famiglie o di una centrale nucleare che fa ammalare di cancro popolazioni già falcidiate dalla malaria e dall'Aids; oppure ancora progetti per l'insediamento d'industrie che, sfruttando la fame sempre presente, spingono tanti bravi contadini a convertirsi in operai che producono, in pratica a costo zero, scarpe di ginnastica o radioline.
Il premio per Oriana Fallaci, proposto da un ministro dell'istruzione che può avere un rapporto rispetto alla cultura paragonabile solo a come può averlo il sale rispetto ad una tazzina di caffè, legittima la xenofobia e la discriminazione. Ciò che, infatti, Oriana Fallaci ha espresso dal 2001 in poi è solo letteratura di guerra, dettata da una testa da cui la ragione pare fuggita da qualche tempo e da un cuore dove non alberga più la compassione.
Fallaci ipotizza che oggi la cultura occidentale si debba necessariamente esprimere in contrapposizione all'Islam. Ma che cosa propone oggi la cultura occidentale? Siamo sicuri che oggi questa cultura esprima ancora valori come la difesa dei diritti umani, la laicità, l'uguaglianza? Forse la cosiddetta civiltà occidentale non sa neanche più rispondere a queste domande, in quanto in molte occasioni gli occidentali rimangono i soli protagonisti e i soli spettatori e, attraverso le loro televisioni e i loro mass media sempre più avanzati, ascoltano solo le proprie ragioni e provano solo il proprio dolore.
Noi umanisti siamo convinti che l'unica soluzione sta nella logica del dialogo, nell'interazione, nell'incontro di valori condivisi.
Il momento storico che stiamo vivendo è di straordinaria importanza. L'orrore generato dalla guerra e dal terrorismo ci chiama tutti, ma proprio tutti, alla responsabilità, qualità che sembra non dimostrare per nulla, invece, Oriana Fallaci. Con le sue parole concitate e le sue invettive intolleranti, non fa altro che evocare gli istinti più bassi, l'odio e la cecità che possono portare chiunque, e non solo qualche fanatico, ad uccidere e ad uccidersi. Dai suoi scritti sembra proprio che la Fallaci, accecata dall'intolleranza e dalla paura, sia ancora così ingenua da credere che la violenza sia la metodologia migliore per sconfiggere la violenza. La guerra che mette fine a tutte le guerre non è mai esistita e mai esisterà.
La nostra indignazione nasce dalla consapevolezza che ogni nostro atto finisce sempre nell'altro e quindi non c'è altro tempo da perdere. Non possiamo trastullarci ancora in dichiarazioni di guerra o in crociate senza senso. Dobbiamo mettere tutto in discussione, dobbiamo immaginare e costruire un futuro migliore, non possiamo arrenderci all'inevitabilità del nulla; un nulla che si allarga ogni qualvolta ci arrendiamo alla sopraffazione, all'ingiustizia, all'idea che la guerra possa risolvere i nostri conflitti.