Tutti già saprete ciò che è successo al nostro amico argentino Jorge González, che si trova ora a Mendoza. Vi scrivo semplicemente per raccontarvi come si sono svolti i fatti, che dimostrano il potere di comunicazione del governo e la manipolazione dell'informazione compiuta da molti mass media. Abbiamo saputo che Jorge era stato arrestato mercoledì 10 maggio verso le 10 di sera e alle 11 eravamo già al terzo commissariato con il nostro avvocato Patricio Bell. Grazie a un'intuizione abbiamo concluso che il governo voleva approfittare di questa situazione per demonizzare le mobilitazioni studentesche a favore dei prigionieri politici Mapuches, accusando Jorge di essere un agitatore internazionale. Per questa ragione gli unici a visitarlo, oltre a Pato Bell in qualità di avvocato, sono stati Gloria Mujica e Luis Felipe, in veste di coppia rispettabile di suoi amici.
Dopo aver parlato con Jorge, ci siamo resi conto che la nostra intuizione era corretta. Jorge ci ha raccontato che lo avevano interrogato diverse volte, ponendogli domande strane. Al momento dell'arresto aveva con sé dei materiali del suo consiglio (il 50), dove si parlava di missione, operativi e colletta, termini che hanno attirato l'attenzione di quelli che lo interrogavano. Ovviamente abbiamo approfittato della visita per lasciargli coperte e cibo.
Stamattina c'era l'udienza di garanzia, secondo il nuovo codice penale. Abbiamo assistito io, Pato Bell, Marilén, e Dario. Il tribunale era pieno di giornalisti, c'erano anche tutti i canali televisivi. Abbiamo appreso così che si era diffusa la falsa informazione secondo cui Jorge era un piquetero (quelli che in Argentina bloccano le strade per protesta), che entrava in Cile ogni volta che c'era una protesta ecc..
All'udienza erano presenti il giudice, il pubblico ministero e l'avvocato difensore pubblico. Quando è comparso Jorge lo abbiamo salutato con le tre dita e lui ha risposto allo stesso modo (ci sono varie foto che lo ritraggono così). Alla fine il giudice lo ha lasciato in libertà, concedendo 60 giorni per stabilire possibili responsabilità e stabilendo come misura di sicurezza una firma settimanale alla Polizia Internazionale a partire da domani. Quando siamo usciti dal tribunale tutta la stampa ci aspettava: le domande erano piuttosto tendenziose ed era chiaro che erano state suggerite.
Dopo aver fatto le nostre dichiarazioni, siamo usciti per strada e lì ci hanno avvicinati degli investigatori, che in modo tanto amabile da apparire sospetto ci hanno comunicato che dovevamo sottoporci a un colloquio nella caserma della Polizia Internazionale. Mi sono insospettito e ho risposto che Jorge doveva riposarsi, che sarebbe venuto via con la mia auto e che il giorno dopo, secondo la risoluzione del giudice, avrebbe fatto tutte le dichiarazioni che volevano. Loro hanno insistito che doveva seguirli in caserma e io mi sono opposto più volte, ricordandogli che il giudice lo aveva messo in libertà.
Ho preso Jorge sotto braccio e ci siamo incamminati verso la mia macchina. In quel momento gli investigatori si sono messi duri e mi hanno mostrato il decreto di espulsione. Io però non l'ho lasciato andare e tutti e due siamo saliti sulla loro auto, divincolandoci dai poliziotti. Nel frattempo Dario è andato a presentare un ricordo per garantire l'incolumità di Jorge. Dalla macchina ho chiamato il Ministero degli Interni, ma loro se ne sono lavati le mani e mi hanno rimandato all'Intendenza. Alla Polizia Internazionale siamo andati nell'ufficio del prefetto. Hanno mostrato a Jorge un decreto da firmare e lui me l'ha fatto vedere. Il prefetto mi ha guardato, poi si è scagliato su di me, esigendo che me ne andassi. Mi sono divincolato dai 6 investigatori che cercavano di farmi uscire, non volevo che mi cacciassero a spintoni, ma alla fine ho dovuto andarmene.
Fuori dalla caserma c'era tutta la stampa. È arrivato Pato Bell e come avvocato l'hanno fatto entrare. Dopo venti minuti sono uscite due auto degli investigatori, con le luci accese e a gran velocità. Pato Bell mi ha chiamato dicendo che la versione della polizia era che stavano andando al pronto soccorso a constatare lesioni, ma anche questa volta ho avuto un'intuizione e non gli ho creduto. Ho detto alla stampa che mi sembrava più probabile che le auto fossero dirette all'aeroporto. Alla fine Pato Bell è uscito, confermando che le macchine si erano dirette alla frontiera via terra.
A questo punto alcuni giornalisti si sono resi conto della montatura e abbiamo fatto una conferenza stampa fuori dalla caserma. Abbiamo detto che il governo stava cercando di demonizzare il movimento degli studenti medi, che era tutta una montatura, che il Ministro degli Interni Felipe Harboe e l'Intendente Barrueto si credevano gli sceriffi del Cile e che tutta la situazione era inaccettabile, assurda e ridicola, visto che Jorge non aveva niente a che fare con situazioni violente. Quando ci hanno confermato che stavano portando Jorge alla frontiera senza soldi, senza sigarette, senza vestiti pesanti né niente, abbiamo deciso di raggiungerlo per dargli un aiuto. Così Pato Bell e Laura Felger sono partiti subito per la frontiera.
Nel pomeriggio, insieme a Tomás, abbiamo cercato di prendere contatto con il Ministro degli Interni, ma non c'è stato verso. Alla fine, verso le 17, mi ha chiamato Felipe Harboe, per spiegarmi che avevano le prove che Jorge era uno dei principali istigatori dei disordini. Io gli ho chiesto di mostrarmi queste prove e lui si è schermito dicendo che erano già in mano al pubblico ministero e non poteva fare più nulla. Io ho ribattuto che mi sembrava strano che il pubblico ministero non potesse mostrare le prove e gli ho ricordato che il giudice aveva rimesso in libertà Jorge. Lui ha risposto che in presenza del decreto di espulsione il giudice non aveva formulato accuse; se lo avesse fatto, Jorge sarebbe rimasto in prigione. Io ho insistito per vedere le prove e lui non ha ceduto: ovvio, visto che non esiste alcuna prova.
Verso le 18 Pato Bell mi ha informato che nei pressi di Punta de Vacas erano riusciti a raggiungere un furgone della gendarmeria che trasportava Jorge. Lo hanno lasciato in libertà, lui ha abbracciato i nostri e si è diretto con un po' di soldi a Mendoza, dove lo aspettava Marta Lucas. Pato mi ha raccontato che alla frontiera hanno tentato di impedirgli di passare e lo hanno trattato con sospetto. Comunque Jorge sta bene, non lo hanno picchiato e si è sempre comportato in modo molto dignitoso.
È chiaro che è tutta una montatura e che Harboe era informato di tutto; quando abbiamo parlato al telefono, lui conosceva le mie dichiarazioni e azioni nei minimi particolari. Stanno cercando di sostenere che il movimento degli studenti medi è infiltrato da agitatori internazionali pronti a mettere a soqquadro il nostro ordinato paese. E una delle prove di questa infiltrazione internazionale è Jorge, il principale istigatore dei disordini!
Il fascismo si traveste ogni giorno di più da progressismo, è peggio che durante la dittatura. Bene, amici, è stata una giornata intensa. Voglio esprimere il mio apprezzamento a Jorge, che si è sempre comportato in modo molto, molto dignitoso.
Un abbraccio di Pace, Forza e Allegria
Efren Osorio
Presidente Partito Umanista