La Commissione Affari Sociali della Camera ha approvato la proposta di alcune modifiche alla legge 180 del 1978 sull’assistenza psichiatrica, detta anche legge Basaglia.   
Mai come in questo caso le parole sono state usate in modo strumentale e manipolativo. Infatti secondo il promotore del nuovo “Testo unificato sull’assistenza psichiatrica”, Carlo Ciccioli del PdL, la modifica andrebbe “nella direzione del sostegno alle famiglie dei pazienti, oggi abbandonate a se stesse”.
Siamo certi che dietro questo proposito apparentemente ammirevole ci sono, in realtà, due aspetti non altrettanto ammirevoli: un punto di vista ormai superato su ciò che si intende per salute mentale e interessi economici che si formano e si alimentano con la salute dei cittadini.

Per quanto riguarda il primo aspetto potrebbe bastare il solo fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente indicato proprio la legge 180 come un modello da seguire per quanto riguarda la tutela della salute mentale. Dopo 34 anni dalla promulgazione di quella legge stupisce come possano esistere ancora psichiatri, come Carlo Ciccioli, che mettano in dubbio la sua validità e i grandi passi avanti che tale legge ha permesso sia in termini di salute mentale che in termini di rispetto dei diritti dei pazienti psichiatrici, ponendoli sullo stesso piano di tutti gli altri cittadini.
Il sostegno alle famiglie, che sarebbe il motivo ufficiale delle modifiche che si vorrebbero apportare alla legge 180, si è potuto affrontare invece proprio grazie a tale legge: prima del 1978 le famiglie non venivano nemmeno considerate, visto che gran parte dei malati di disturbi psichici venivano strappati dai loro contesti relazionali e rinchiusi negli ospedali psichiatrici per anni. La legge 180, invece, con la chiusura dei manicomi e la costituzione dei dipartimenti di salute mentale organizzati a livello territoriale, ha determinato le condizioni affinché si lavorasse per il reinserimento dei malati psichici nel contesto sociale e quindi anche nel proprio contesto familiare.
Da qui si evince il punto di vista arretrato che sta alla base della proposta Ciccioli: non abbandonare le famiglie a se stesse significherebbe, all’atto pratico, alleggerire le strutture preposte alla tutela della salute mentale dallo sforzo di lavorare affinché la persona malata e la sua famiglia trovino il modo giusto per convivere al fine di non creare ulteriori disagi. Come interpretare altrimenti la proposta di allungare i tempi del Trattamento Sanitario Obbligatorio e soprattutto la possibilità di ricoverare il paziente, per lunghi periodi di tempo e senza il suo consenso, in strutture extraospedaliere tramite il cosiddetto “Trattamento sanitario necessario extraospedaliero”?
In altre parole alla base di queste proposte c’è una vecchia concezione dei disturbi mentali secondo la quale la malattia mentale rappresentava soprattutto un problema di ordine pubblico, per cui i malati psichici andavano allontanati dal contesto sociale per motivi, non di salute, ma di sicurezza. Il risultato era l’aggravamento della patologia psichica e l’insorgenza, in gran parte dei pazienti rinchiusi nei manicomi, di una nuova malattia – la sindrome da istituzionalizzazione - dovuta proprio alla lunga permanenza in questi istituzioni chiuse dove tutti i diritti venivano annullati e ogni possibilità di libera scelta veniva annullata.  
Purtroppo questa sindrome non è scomparsa, ma è ancora presente proprio in quelle strutture extraospedaliere dove la proposta Ciccioli vorrebbe rinchiudere i pazienti psichiatrici soprattutto – si legge nel testo della proposta - “nei casi in cui la convivenza con il paziente comporti rischi per la sua incolumità fisica o dei suoi familiari”, cioè in quella miriade di cliniche psichiatriche private che campano proprio sulle inevitabili inefficienze di un sistema sanitario a cui ogni anno vengono sottratte risorse umane ed economiche. E qui appare in tutta evidenza il secondo aspetto, meramente economico, che sta alla base di questa malsana proposta di Ciccioli. Già attualmente i soldi che molte Regioni non spendono per i dipartimenti di salute mentale vengono spesi per sostenere questi minimanicomi dai nomi accattivanti come “sorriso sul mare”, “armonia nuova”, “castello della quiete”, ecc. ecc. Se questa proposta diventasse legge le amministrazioni delle strutture sanitarie psichiatriche private dovranno assumere altro personale per contare tutti i soldi che entreranno nelle casse già stracolme dei proprietari di tali strutture.

La legge 180 non è intoccabile, ma dipende da quale sia la direzione delle modifiche che si vogliono apportare. La direzione giusta, a nostro avviso, è per molti versi diametralmente opposta a quella passata in Commissione Affari Sociali: gli innegabili disagi che ancora oggi sono vissuti dai pazienti e dalle loro famiglie dipendono dalle differenze, talvolta enormi, di funzionamento e di pratiche tra le diverse Regioni. Differenze intollerabili nella misura in cui creano disuguaglianze tra i cittadini. L’eliminazione di tali differenze dovrebbe essere il primo e più importante obiettivo della politica. Se non si è capaci di farlo ci si limiti semplicemente a non toccare, almeno fino a quando non si sarà in grado di farlo con la dovuta lucidità, una delle poche cose per cui l’Italia fa da modello per tutto il mondo, senza aggiungere ulteriori disagi alle persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale, alle loro famiglie e ai tanti operatori che ogni giorno si muovono intorno a queste persone con grande dedizione ed impegno.
Auspichiamo e ci impegniamo affinché si crei un grande movimento di opposizione in tutto il paese per respingere senza mezzi termini un testo sull’assistenza psichiatrica che vorrebbe, per gli interessi di pochi, riportare indietro di mezzo secolo l’intera società.

[quadro di Bruno Caruso, I veri pazzi sono fuori, 1958, matita e acquerello su cartoncino]

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