Con la riforma sanitaria del 1978 viene sancito un patto tra lo Stato e i cittadini che sembra definitivo: la legge n. 833 sopprime il sistema mutualistico ed istituisce il Servizio sanitario nazionale. Viene finalmente data attuazione all'art. 32 della Costituzione italiana che sancisce il "diritto alla salute" di tutti gli individui.
Il SSN si pone quindi come un sistema pubblico di carattere "universalistico", tipico di uno stato sociale, che garantisce l'assistenza sanitaria a tutti i cittadini, finanziato dallo Stato stesso attraverso la fiscalità generale e le entrate dirette, percepite dalle aziende sanitarie locali attraverso ticket sanitari e prestazioni a pagamento.
Secondo una ricerca dell'OMS, nell’anno 2000 l'Italia aveva il secondo sistema sanitario migliore del mondo in termini di efficienza di spesa e accesso alle cure pubbliche per i cittadini, dopo la Francia.
Oggi, purtroppo, dobbiamo constatare che quel patto è stato rotto e non dai cittadini, di cui un numero sempre maggiore è costretto a decidere di non curarsi perché non ha i soldi per farlo.
Secondo un rapporto del Censis presentato il 17 giugno scorso a Roma in occasione del “welfare day”, da una parte sono sempre di più gli italiani che pagano di tasca propria per farsi curare rivolgendosi alla sanità privata, dall’altra aumentano i cittadini che rinunciano alle cure di cui avrebbero bisogno, sia perché i tempi di attesa nel pubblico sono sempre più lunghi, sia perché i ticket sono comunque aumentati negli ultimi anni, sia perché tantomeno non hanno i soldi per rivolgersi alla sanità privata.
Il salto all’indietro è del tutto evidente: la salute sta diventando di nuovo una questione di ceto sociale. Come tanti anni fa, se hai i soldi ti puoi curare, se non li hai devi solo sperare nella buona sorte. Se hai un buon reddito puoi fare privatamente una visita specialistica o un’indagine diagnostica nel giro di qualche giorno; se hai un reddito basso e puoi solo pagare il ticket che ti chiedono alla ASL devi solo sperare che la malattia di cui soffri non avanzi troppo velocemente, visto che la visita o l’esame diagnostico potrai farlo solo tra 2 o 3 mesi. Se sei del tutto povero, non paghi il ticket ma comunque devi aspettare 2 o 3 mesi.
Si è quindi rotto quel patto tra Stato e cittadini che sembrava definitivo e purtroppo non solo per la tutela della salute, ma anche per altri fondamentali diritti come quello ad un’istruzione pubblica e di buona qualità per tutti.
Non è quindi più accettabile alcuna meraviglia per il vertiginoso calo della fiducia dei cittadini nella politica, indipendentemente da quali siano le forze responsabili del governo nazionale e locale, perché tutte sono responsabili della rottura del patto con il popolo.
Non serviranno nuove leggi elettorali, né riforme costituzionali per ridurre l’abisso che si è aperto tra i cittadini e la politica. O si ricomincia a rispettare i patti oppure l’abisso si allargherà sempre di più. In ogni caso indietro non si torna.