di Olivier Turquet

Appena il rieletto Presidente Napolitano ha dato l’incarico a Enrico Letta si sono scatenate su internet e presso i giornali le cose più disparate. Infinite liste di ministri con nomi talvolta raccapriccianti, corrispondenti raccolte firme su internet contro i medesimi ministri, illazioni di ogni tipo e analisi politiche corrispondenti.

In sintesi: il presidente rieletto rilancia quello che sembra andare di moda: il governo delle larghe intese, il governissimo.
Chi aveva dichiarato, prima delle elezioni, di volere un governo del genere? Esplicitamente: nessuno. Non esplicitamente diciamo che non lo avevano ecluso a priori né il centro-destra né la coalizione di Monti.

Mi sono così dedicato a fare due conti: dati del Ministero degli Interni; votanti alla Camera 35 milioni e qualcosa; voti presi da chi non voleva assolutamente un governissimo (PD, SEL, 5Stelle, Rivoluzione Civile) 19 milioni e qualcosa pari a circa il 55% dei votanti. Questo dato non contempla le schede bianche nulle né Fare per Cambiare la cui posizione non era chiarissima in materia né i voti di liste minori di cui è difficile decifrare il programma e l’opinione in materia. Questo per dire che tale percentuale potrebbe facilmente arrivare al 60% contando più esattamente.

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo… (Costituzione dell Repubblica italiana, Articolo 1)

Detto in altri termini: il popolo non pare che abbia votato per questo.

Allora in base a cosa il presidente ha insistito tanto su questa soluzione? Sull’incapacità dei partiti di mettersi d’accordo? O forse sula necessità che diede origine al precedente governo nominato dallo stesso Presidente, quella di garantire il rispetto dei dettami dei potentati finanziari?

Una traccia in tal senso sembrerebbe darcela il “giovane” Letta quando, nel suo modernissimo sito, afferma con un certo orgoglio di essere dal 2004 vicepresidente di Aspen Institute Italia; e quando si va a vedere che cos’è questo sconosciuto istituto si scopre che è una filiale del gruppo Bildenberg di cui Mario Monti è stato per anni dirigente. Per il lettore distratto ricordo che Bildemberg è un simpatico gruppo di “persone influenti” che si riunisce dal 1954: a far cosa? Non si sa perché i verbali delle riunioni sono segreti e di pubblico c’è solo l’elenco dei nomi.

Insomma un governissimo in continuità con i “tecnici” degli ultimi due anni. In continuità con l’idea che quando si taglia la spesa pubblica stiamo parlando della spesa sociale non delle Grandi Opere Inutili, quando stiamo parlando di investire soldi ci stiamo riferendo al salvataggio delle banche, non all’investimento nella salvaguardia dell’ambiente o nel rilancio dell’economia reale, quando parliamo di politica internazionale parliamo di come appoggiare direttamente o indirettamente le “missioni di pace” del colonialismo o del neocolonialismo e non ad operare per la risoluzione diplomatica e nonviolenta dei conflitti.

Ci stiamo sbagliando? Ce lo auguriamo di tutto cuore ma abbiamo paura di no. In ogni caso i prossimi giorni ce lo diranno con sicurezza.

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