di Javier Tolcachier
Sono morti quattro adolescenti. Uno di loro era palestinese, gli altri tre israeliani. Tutti coetanei, all’inizio della vita. Conosciamo i loro volti, ma di quelli di migliaia di altri, in Palestina, Siria, Iraq o Libia, in Cambogia, Nicaragua, Guatemala, Vietnam, Algeria, Ruanda, Polonia, Germania o Liberia non è rimasta alcuna traccia. Tuttavia li conserviamo tutti nella nostra memoria, così come i volti dei morti in tanti altri luoghi senza nome.
Chi indicherai come il colpevole di questi crimini? Chi ha premuto il grilletto? Chi ha fabbricato la pallottola e venduto l’arma? Chi ha infiammato gli animi con i suoi discorsi, o chi ha seminato zizzania? Dimmi, per favore, contro chi punti il tuo dito accusatore. Chi nel suo palazzo tesse impassibile le ragnatele del dolore altrui, miserabile nella sua ricchezza? Chi inventa storie per derubare gli altri, chi si interessa solo delle proprie cose?
Chi indica colpevoli senza illustrare il contesto che rende possibili le atrocità non rivela solo la sua miopia, ma oscurando la radice del conflitto diventa anche complice delle future nefandezze. Chi agendo in questo modo reclama un castigo, non sta chiedendo giustizia, ma esigendo vendetta. Ripara forse così l’inutile sacrificio della vittima? Mitiga il dolore dell’afflitto? Restituisce la vita alla persona cara? Impedisce il futuro genocidio, o piuttosto lo alimenta?
Si tratta di una questione seria. Io non intendo assecondare questa complicità con la morte. Bisogna alzare la voce e denunciare il vero conflitto.
Questo non è un conflitto tra palestinesi ed ebrei, tra sciiti e sunniti e neanche tra camicie rosse e gialle. Il vero conflitto è tra i popoli e i poteri che vogliono manipolarli, opprimerli e metterli gli uni contro gli altri.
Non è forse noto che ogni volta che la pace sembra avvicinarsi, volti nascosti l’allontanano con una bomba, con un assassinio, con un attentato? Chi si cela dietro a questi volti nascosti? Chi paga e invia questi sicari per distruggere la possibilità di realizzare la tanto sognata coesistenza?
I popoli devono unirsi e comprendere l’inutilità di continuare a combattersi.
Il vero conflitto è tra continuare a essere ostaggi di fazioni opposte a parole, ma unite nei fatti nell’azione distruttiva e ribellarsi, negando loro il proprio appoggio. E’ tra chi crede che il proprio interesse o la propria visione del mondo siano una giustificazione sufficiente per imporli agli altri e tutti noi che apprezziamo la libertà umana e la diversità della vita. E’ tra quelli che si arricchiscono con la guerra e vogliono mantenere il loro potere e le loro proprietà contro le necessità dei diseredati del mondo e le maggioranze che lottano tutti i giorni per costruire un’esistenza degna.
E’ anche un conflitto nella propria coscienza, tra il Sì e il No, tra la rassegnazione a una vita vuota e il contributo al miglioramento del mondo, tra la contraddizione interiore che genera la violenza e l’atto di unità che si espande a partire dall’affetto per ciò che c’è di umano in ognuno.
Gli israeliani, i palestinesi, i tailandesi, gli ucraini, i siriani, i curdi e gli iracheni non vogliono altra morte e altro dolore. Sono tutti vittime di un’estorsione, coinvolti in scenari strazianti, ma anche responsabili di impedire che tutto questo continui a succedere. La chiave sta nel risvegliare l’umanesimo che vive in ognuno di noi, appoggiarsi a esso, dargli una forza e una voce d’insieme, andando al di là delle apparenze.
Siamo tutti responsabili di cercare e trovare la riconciliazione con chi ci ha ferito e anche di riparare i nostri errori. Se invece ricorriamo a giustificazioni per continuare ad avvallare ciò che è ingiustificabile, collaboriamo solo alla crescente spirale di violenza, disperdiamo la possibilità di un futuro diverso e ci rinchiudiamo nelle mura della preistoria.
Di origine ebraica, condivido la sete giudaica di libertà e conoscenza. Di aspetto semita, ammiro nei miei fratelli arabi la nobiltà e la devozione. Umanista per scelta, amo di tutti i popoli della Terra l’identica anima umana sparsa dappertutto. Amo i diversi colori con i quali si adorna, le belle vesti con cui si abbiglia, le opere brillanti da essa scaturite, gli amori simili con cui si appassiona.
Mentre immagino questo paesaggio commovente, che comincia a confortarmi davanti a tante crude notizie, ascolto il saluto di vari esseri allegri, che avvicinandosi dall’orizzonte mi dicono in una lingua melodiosa: “Che la Pace sia con te”. “E con voi” rispondo riconoscente.
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo
Fonte: http://www.pressenza.com/it/2014/07/vero-conflitto/